Convegno
organizzato da BIBLIA - Associazione laica di cultura biblica, in
collaborazione con le ACLI della Provincia di Bologna. Patrocinio e sostegno
della Regione Emilia Romagna, della Provincia e del Comune di Bologna. Partecipazione
della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna. Inserito nel progetto del
Ministero per i Beni e le Attività Culturali: "V Settimana della Cultura
- La Cultura è uno spazio aperto".
Oratorio dei Filippini, Via Manzoni 5
Bologna, 9-11 Maggio 2003
IL DIAVOLO:
PER UNA RILETTURA DELL'INSEGNAMENTO DELLA CHIESA
10 maggio 2003,
Agnese Cini Tassinario
Presidente di BIBLIA
Gentili signore e signori, se sono qui oggi, non
come presidente di Biblia ma come relatrice, è perché nel 1984 ho pubblicato
la mia tesi di dottorato in teologia dogmatica su Il diavolo secondo l'insegnamento
recente della chiesa (Pontificium Athenaeum Antonianum, Roma
1984), dopo sette anni di "convivenza" con questo misterioso personaggio.
Vi ripropongo oggi le linee essenziali del mio studio, con alcune modifiche
e aggiunte dato che sono ormai passati vent'anni da allora.
Le linee essenziali del mio intervento verteranno
sui seguenti punti:
- Introduzione
- Pronunciamenti sui demoni da parte della chiesa
dal primo concilio ecumenico (Nicea 325) al Vaticano I (1870)
- Concilio Vaticano II (1962-1965) e conseguenze
per la demonologia (riforma liturgica e gerarchia delle verità)
- Sviluppi ulteriori: interventi di Paolo VI (1972
e 1975) e di Giovanni Paolo II (1978-1994); studi recenti (1985-2000)
- Conclusione
1. INTRODUZIONE
Diabolici siamo noi, uomini e donne di questa terra,
quando provochiamo guerre sanguinose, profonde ingiustizie economiche fra
persone e paesi, e disastri ecologici nel mondo che avremmo il compito di
custodire. Diaboliche sono anche la nostra incapacità di amare e di perdonare,
la nostra indifferenza e passività nelle situazioni di gravi disagi che
ci circondano (i "peccati di omissione" troppo spesso ignorati nella loro
quotidiana gravità), per non parlare della sete di potere e di violenza,
di carriera a tutti i costi e di egoismi che schiacciano spesso i più inermi.
Non possiamo scaricare la colpa di tutto questo
su un ipotetico diavolo la cui esistenza personale non è dimostrabile. Infatti
se i cristiani credono che Dio si è incarnato in un uomo vissuto circa duemila
anni fa, del diavolo conosciamo solo i mille e più volti di coloro che agiscono
nel suo nome o come lui. Sappiamo, questo si, di essere impastati di bene
e di male, ma invece di chiederci da dove viene il male, possiamo soltanto,
con sant'Agostino domandarci "donde viene che lo facciamo" e che cosa fare
contro di esso.
Eppure il magistero (su questa parola permettetemi
un inciso: in sant'Agostino il termine magisterium, che viene da magis =
più, era riservato a Cristo, mentre gli uomini di chiesa avevano un ministerium,
da minus =meno. Ma a poco a poco il termine magisterium è passato a indicare
il "potere" conferito ai pastori della chiesa perché possano esercitare il
loro ministero. P.Descouvemont, Le risposte della fede, Ed.
Paoline, Cinisello Balsamo 1992, p. 201), il magistero dunque, ha sempre proposto
ai cattolici, e continua anche oggi a farlo, di credere nell'esistenza di
un angelo divenuto cattivo per sua volontà, potente e terrificante tentatore
e istigatore al male. E ci chiede anche di credere nell'esistenza dell'inferno
preparato per lui e per i suoi adepti. Ma come possiamo credere in un Dio
infinitamente buono e nel contempo a un inferno eterno dove alcuni nostri
fratelli - diavolo compreso - sono condannati senza appello a una pena eterna? Mentre gli stati moderni vedono oggi la prigione non più
come a un luogo di vendetta e di punizione, ma come mezzo per educare i colpevoli
e renderli un giorno risanati alla società, e molti paesi hanno finalmente
abolito la pena di morte, perché mai i dannati dovrebbero invece essere inchiodati
per sempre nel loro luogo di pena? Forse che la nostra misericordia è superiore
a quella divina? Inoltre la divisione finale in due regni, uno con a capo
Satana e l'altro con a capo Dio, sempre ostacolata con forza dal monoteismo,
tornerebbe a realizzare il dualismo nell'al di là, e per sempre!
In questa conversazione cercherò di presentare le
affermazioni demonologiche del magistero e di valutarne il peso dogmatico,
per vedere se e fino a che punto c'è libertà di pensiero in questo campo per
un cattolico, o, per dirlo in termini ancora più chiari, di rispondere a
questa domanda: si può essere cattolici senza credere nel diavolo e nell'inferno?
La questione è molto seria, tant'è che, per citare un noto personaggio di
oggi, Aldo Capitini, egli ha lasciato la chiesa cattolica proprio perché l'insegnamento
sull'eternità dell'inferno e sul diavolo era incompatibile con la sua filosofia
della nonviolenza totale!
2. PRONUNCIAMENTI UFFICIALI DELLA CHIESA SUI DEMÒNI
DAL PRIMO CONCILIO ECUMENICO (NICEA 325) AL VATICANO I (1870)
La chiesa cattolica ha finora celebrato 21 concili
ecumenici e 7 di questi si sono in qualche modo occupati del diavolo anche
se non direttamente. Accanto a questi abbiamo alcuni altri documenti "minori"
come lettere di papi, concili locali, decreti, proposizioni, encicliche e
allocuzioni di vario peso dottrinale.
Non esiste comunque nessun dogma che definisca
esplicitamente l'esistenza personale di Satana e dei demòni, anche se tutti
i documenti del magistero l'hanno sempre presupposta. Per questa ragione
si parla ufficialmente di "dati dogmatici" sul diavolo (da tenere in seria
considerazione) piuttosto che di dogmi definiti (obbligatori per i credenti). Così si esprimono anche i commenti più
tradizionalisti come per esempio Ratzinger e noti esorcisti come P. Ernetti
o R. Laurentin che scrive: "Il demonio non è oggetto di dogma, gli Atti magisteriali
sull'argomento sono sporadici, sobri, minori"(Il demonio,
Massimo-Segno, Milano 1995).
Vediamo più da vicino le affermazioni principali
del magistero:
- Il concilio ecumenico di Nicea (325) sintetizza
la fede della chiesa nel "Credo" che, integrato dal successivo concilio
ecumenico di Costantinopoli (381), diverrà la confessione di fede che
si recita ancora oggi. Nel Credo, contro il dualismo manicheo, e quindi per
dissipare l'idea che i demoni potrebbero essere una divinità maligna autonoma,
si dice che Dio è l'unico creatore di tutto ciò che esiste: "Crediamo in un
solo Dio, Padre onnipotente, creatore di tutte le cose visibili e invisibili". È probabile che i Padri di Nicea ritenessero che fra gli
'invisibili' ci fossero angeli e demoni, ma questo pensiero non è espresso
e quindi non ricade sotto nessuna definizione.
- Il concilio locale di Braga (Portogallo, 561), difende nuovamente l'unicità di Dio, creatore buono, contro gli errori dei manichei e dei priscillanisti: "Se qualcuno dirà che il diavolo non è stato dapprima un angelo buono creato da Dio, o che la sua natura non è stata opera di Dio, ma afferma che il diavolo è emerso dalle tenebre e non ha alcun Creatore, ma è egli stesso il principio e la sostanza del Male ...anathema sit" (Questa parola finale di condanna non è sempre da intendersi allo stesso modo: per lo più è una formula di scomunica che non presuppone sempre l'eresia, tant'è che è stata usata per occasioni molteplici legate a cause temporali, come per esempio per la donna che si vestiva da uomo o per i chierici che non si tagliavano i capelli. Cf. S.Cartechini, Dall'opinione al dogma, La Civiltà Cattolica, Roma 1953, p. 54).
- Al sinodo di Costantinopoli del 543, l'imperatore
Giustiniano e papa Vigilio, condannarono la teoria dell'apocatastasi di Origene,
sostenuta anche da Gregorio di Nissa, e dichiararono che l'inferno esiste
e che la pena dei demoni e dei dannati è eterna. Per un errore storico si
credette che questa definizione provenisse dal concilio ecumenico di Costantinopoli
di dieci anni dopo: invece non fu così, quindi il valore dogmatico di questa
definizione non è da considerarsi definitivo e irreformabile. Il Lateranense
IV ha riconfermato la condanna di Origene, senza peraltro dogmatizzare l'eternità
dell'inferno e delle sue pene. In tutte le epoche vi è stata discussione su
questo punto. Oggi il dibattito si è riacceso con particolare vigore, da
W.Kasper a H.de Lubac, da Péguy a Edith Stein, da K.Rhaner a H.U.von Bàlthasar,
e in campo ortodosso da M.Bulgàkov e P.Evdòkimov. Essi sostengono tutti il
dovere di sperare nella salvezza universale. Von Bàlthasar si rifà alle dichiarazioni
di Mosè e di Paolo di Tarso che dichiararono di volersi perdere pur di salvare
i loro fratelli ("Se tu perdonassi il loro peccato... e se no cancellami dal
tuo libro" dice il primo, Es 32,32; e il secondo: "Vorrei essere io stesso
separato da Cristo per i miei fratelli", Rm 9,3), e li cita per dire che "chi
pensa che, oltre a se stesso, anche solo un altro possa andare eternamente
perduto, non può più amare senza riserve... L'amore spera tutto...tale speranza
illimitata non solo è permessa, bensì doverosa" (Breve discorso
sull'inferno, Brescia 1993, pp. 57-59).
- Il documento più normativo in assoluto sul diavolo,
di circa settecento anni dopo, è il testo della costituzione Firmiter
del concilio ecumenico Lateranense IV (il XII concilio ecumenico) del
1214 che non intendeva peraltro insegnare l'esistenza di angeli e diavoli
(nessuno lo metteva in dubbio), ma condannare varie eresie: contro gli Albigesi
(questione trinitaria) e contro i Catari che sostenevano l'antica teoria dualistica
dei Manichei. Ai Catari il decreto risponde, confermando le affermazioni di
Nicea, cioè che esiste un solo e unico creatore di tutti gli esseri visibili e invisibili; aggiunge poi, come spiegazione (enim, "infatti"), che il diavolo e i demoni divennero cattivi
per loro responsabilità e che spinsero l'uomo al peccato: "Fermamente crediamo
e semplicemente confessiamo che uno solo è il vero Dio... Padre, Figlio e
Spirito Santo ... Il diavolo infatti e gli altri demoni furono si creati,
per natura, buoni da Dio, ma essi per loro colpa divennero cattivi. L'uomo
poi per suggestione del diavolo peccò...". Alcuni teologi e testi di dogmatica
hanno sostenuto nel passato che l'esistenza dei demoni è una verità di fede
definita dalla chiesa in base a questa frase (Flick-Alszeghy, Nau, Mangenot,
Doronzo ecc.). Ma altri oggi sono dell'idea che il
decreto, in quanto definizione dogmatica, non debba essere esteso oltre la
portata dell'errore che era inteso a combattere. "Va ritenuta come dottrina
definita ciò che è direttamente contenuto nelle parole
della definizione, ossia ciò a cui si riferisce la parola 'definiamo'. Le
spiegazioni poi non sono altro che effetto della discussione" (S.Cartechini,
o.c., pp. 27-28). Dunque solo queste due definizioni sono
di fede: a) tutta la realtà esiste grazie all'azione creatrice di Dio e per
nessun'altra causa; b) tutto ciò che di tale creazione è diventato cattivo
è imputabile alla sua propria iniziativa. Gli altri
dati sono presupposti o spiegazioni del concilio stesso, dovuti all'ambiente
o al retroterra culturale nei quali questi due dogmi dovevano essere affermati.
- Un accenno al diavolo viene fatto al concilio
ecumenico fiorentino (1431-1447) che esplicitò la dottrina del Lateranense
IV. In particolare decretò che tutte le creature sono buone in quanto Dio
è infinitamente buono, ma sono limitate e possono quindi cadere nel male:
nessuno è libero dal dominio del diavolo se non per la fede in Gesù Cristo
e per la forza del battesimo.
- Bisogna aspettare tre secoli per trovare un nuovo
pronunciamento: questo avviene al concilio ecumenico di Trento (1545-1563).
I Padri credevano naturalmente nel diavolo ed esso compare, ma solo indirettamente,
a proposito del peccato originale.Il testo afferma che, con il primo peccato,
il primo uomo Adamo è incorso sotto l'impero della morte e del diavolo; tale
peccato si trasmette per generazione e può essere estinto solo col battesimo.
Ma come oggi non è più possibile accettare l'idea che l'umanità derivi da
una sola coppia qui ipotizzata (il poligenismo ha infatti ormai sostituito
il monogenismo), così anche tutta la questione del peccato originale è stata ripensata, e oggi viene vista positivamente come
necessità di essere inseriti in Cristo per essere salvati, piuttosto che come
trasmissione ereditaria di un primo peccato.
Ma se nemmeno questo concilio si è pronunciato
ufficialmente sul diavolo, si fece più tragica in quegli anni la caccia alla
streghe (considerate sue emissarie o succubi) che culminò negli anni 1520-1620
con gli eccidi e gli orrori che sappiamo. Nei secoli successivi le dichiarazioni
ecclesiastiche si fecero sempre più prudenti, anche per evitare gli eccessi
inquietanti del passato, e i discorsi sul diavolo cambiarono direzione, passando
dall'ossessione religiosa al mito letterario: mentre il diavolo non rappresentava
per alcuni che un idolo e un fantasma della mente da eliminare (Cartesio,
Hobbes, Voltaire ecc.), egli sedusse alcuni intellettuali come figura capace
di aiutare l'uomo a superare i limiti della propria condizione umana (restano
famosi gli inni a Satana di Milton, Blake, Byron, Beaudelaire, Carducci ecc.).
- Passano ancora circa tre secoli, e arriviamo al
concilio ecumenico Vaticano I (1869-1870) che riafferma gli articoli
essenziali della fede cattolica nella costituzione Dei Filius richiamandosi al decreto del Lateranense IV, ma, mentre
questo concilio proclama anatema chi non crede a un unico Creatore, non fa
più nessuna allusione agli angeli pervertiti. Lo spazio esiguo che il diavolo
aveva nei discorsi del magistero ufficiale viene così ulteriormente diminuito.
La risposta della chiesa rimane comunque sempre
una sola, quella tradizionale, e si può ritrovarla nei testi di dogmatica
e nei catechismi di questi anni: il diavolo esiste, è attivo e occorre essere
sempre vigilanti, anche se alla fine verrà sconfitto e condannato per l'eternità.
Addirittura un papa aperto come Leone XIII, nella enciclica Humanum Genus (1884), si lascia andare a un'antica orribile
abitudine, quella di demonizzare i "nemici" della chiesa: battisti, buddisti,
massoni, esercito della salvezza, sono tutti "congreghe di Satana" insieme
ai "seguaci del Maligno". E Pio XII, nell'enciclica Humani
generis (1950) afferma che gli angeli sono creature personali e che il
poligenismo mal si accorda con la rivelazione del peccato originale della
prima coppia umana. Ma alcuni teologi contemporanei iniziano a sentirsi stretti
in queste dichiarazioni e a mettere in ombra la figura di Satana inteso come
entità singolare e personale e come capo degli angeli cattivi. Per tutti cito
una famosa raccolta di saggi pubblicata negli Études Carmélitaines del 1948, intitolata Satan (trad. it., Satana, Milano 1954): H.I.Marrou
scrive: "L'aver riunito intorno a un Capo e riassunto in lui tutte le forze
infernali è solo un espediente comodo e drammatico
di presentare le cose, destinato a colpire la fantasia, perché risulti meglio
il contrasto fra quelle forze e il nostro unico Salvatore" (p. 22); e Karl
Rhaner (Dizionario di Teologia, Friburgo 1961) sostiene che:
"Di fronte alla serietà della storia della salvezza, sarebbe segno di poco
rigore teologico vedere nel diavolo e nei demoni una specie di spiriti o di
fantasmi aggirantisi per il mondo. Molto più esatto è ritenere che si tratti
proprio di potenze del mondo [la guerra, la tirannia ecc.], in quanto questo
mondo è ripudio di Dio e tentazione per l'uomo". Ma è soprattutto in campo
protestante (che in passato aveva condiviso la demonologia tradizionale: si
pensi alla caccia alle streghe e alla forte credenza di Lutero nel demonio)
che avviene in questi anni un rinnovamento dell'angelologia: da R.Bultmann
a P.Tillich, da K.Barth a E.Reisner e ad altri, tutti pongono l'accento sulla
centralità di Cristo e sulla sua opera redentrice, di fronte alla quale
i demoni in definitiva scompaiono, sono il niente.
Un discorso a parte merita il tanto discusso libro
di Giovanni Papini (Il diavolo, Firenze 19535)
in cui l'autore sostiene l'antica idea origeniana dell'apocatastasi, o riconciliazione
finale di tutti gli esseri in Dio: l'uomo, aggiunge Papini, ha forse proprio
il compito di convertire il diavolo!: "Non può darsi che Cristo abbia voluto
liberarci dalla schiavitù del Demonio anche per la speranza che gli uomini,
a loro volta, possano liberare il Demonio dalla sua condanna? Non può darsi
che Cristo abbia redento gli uomini perché questi, mediante il suo precetto
di amare i nemici, sian degni di sognare un giorno la redenzione del più funesto
e caparbio Nemico?" (p. 16).
3. CONCILIO VATICANO II (1962-1965) E CONSEGUENZE
PER LA DEMONOLOGIA (GERARCHIA DELLE VERITÀ, RIFORMA LITURGICA E ULTERIORI
INTERVENTI DEMITIZZANTI)
- Arriviamo finalmente al concilio ecumenico
Vaticano II (1962-1965). Si sa che questo concilio non ha espressamente
voluto condannare eresie o definire nuovi dogmi, contrariamente a quanto
avvenuto nel passato, ma piuttosto glorificare Cristo e proclamarlo al mondo
intero come centro della nostra fede. Questo fatto mette in ombra tutto il
resto, compresa la demonologia. Ma anche se il concilio si è interessato
più del presente della chiesa che della dottrina della creazione, non ha
evitato del tutto di parlare del diavolo: esso compare, con cautela e sobrietà,
in 17 passi dei testi conciliari e in una nota. Il linguaggio usato per
descriverlo è quello classico della terminologia biblica, non quello filosofico
e teologico-scolastico ritenuto non più adatto al mondo contemporaneo. L'insegnamento
principale che ne deriva è quello di ricordare agli uomini di oggi la terrificante
presenza e forza del male operante nel mondo, la vittoria di Cristo su ogni
genere di mali e di tentazioni, e la necessità per gli uomini di continuare
con lui la lotta, con rinnovati fiducia e vigore. Quanto alla natura del
diavolo, il concilio non si esprime in modo chiaro e definitivo anche se,
a giudizio quasi unanime dei commentatori, suppone la personalità di Satana,
così come l'hanno sempre presupposta il Nuovo Testamento e la tradizione
ecclesiastica. Questo fatto, date le voci demitizzanti che si intensificano
in questo periodo, anche da parte di teologi cattolici, mi sembra significativo.
Pare essere una presa di posizione "politica" del magistero che da una parte
non vuole tacere del tutto sull'argomento, d'altra parte però ripete semplicemente
le poche rappresentazioni classiche sul diavolo, senza proporre soluzioni
ermeneutiche o entrare nel merito, quasi a voler lasciare aperta la questione
e la ricerca ulteriore. Sembra di vedere applicato ciò che la costituzione
dogmatica Dei Verbum n. 8 dice a proposito della tradizione,
cioè che "la chiesa tende incessantemente alla pienezza della verità divina",
e che la comprensione delle cose e delle parole trasmesse cresce sia con la
riflessione e lo studio dei credenti, sia con la loro intelligenza delle cose
spirituali, sia con la predicazione dei vescovi, dove la riflessione dei
credenti è messa al primo posto nella ricerca della verità!
-
A)
Riforme liturgiche (1966-1974)
Come conseguenza dell'ultimo grande concilio del
XX secolo, anche la liturgia è stata ampiamente modificata: noi esamineremo
brevemente solo ciò che riguarda il diavolo. L'edizione dei nuovi testi,
con il "Rituale dei sacramenti e sacramentali" del 1966, seguito dalla
riforma liturgica dei singoli sacramenti a opera della CEI fra il 1970 e
il 1974, ha lasciato cadere molte menzioni del diavolo e ne ha sostituite
altre con formule più sfumate.
Ogni riferimento al diavolo è caduto da tutte le
Messe per i defunti; da quattro Messe domenicali (XV e XVII dopo Pentecoste,
V di Quaresima e Palme); dal venerdì santo dove scismatici ed eretici erano
apostrofati come "animas diabolica fraude deceptas" ("anime
catturate dalla frode diabolica"); da molte benedizioni (sull'acqua e il sale,
sul fuoco, sull'incenso ecc.), da varie Messe dedicate a santi, dal rito
dell'Unzione degli infermi e da quello della Penitenza.
Ma era soprattutto atteso il cambiamento del rito
del Battesimo dei bimbi. Esso non contiene più infatti le vecchie formule
imprecatorie di esorcismo ("esci da lui spirito immondo... diavolo maledetto"),
storicamente nate per il Battesimo di pagani adulti che erano chiamati a rinunciare
ai loro vecchi idoli, ma contiene solo una preghiera, in due versioni a scelta,
una delle quali non menziona più nemmeno il diavolo. Con esse si prega Dio
di liberare il battezzando dal potere delle tenebre e di introdurlo nel regno
della sua luce infinita. (R.Laurentin, o.c., p. 127 scrive
che Paolo VI ha espresso a proposito il suo rincrescimento: "Si sono accorciati
gli esorcismi nella liturgia del battesimo, non so se sia stata una cosa
molto realistica e indovinata"; e aggiunge come proprio parere: "Nel mondo
attuale, in cui il demonio prende piede, è da lamentare che si siano ridotti
gli esorcismi del battesimo... Certi esorcisti si augurano che vengano ristabiliti,
magari in latino, quando il testo è troppo forte" p. 118. Ma sono voci minoritarie).
Con la lettera apostolica Ministeria
quaedam del 15 agosto 1972 infine, Paolo VI sopprime l'antico ordine degli
esorcisti che esisteva ufficialmente dal 398 (IV concilio di Cartagine). La
Congregazione per la Dottrina della Fede così commenta: "Il ministero dell'esorcista
non è più che un servizio eventuale che non sussisterà di fatto che alla
domanda dei vescovi... La Chiesa, cessando di fare di questo ministero una
funzione specifica, non riconosce più agli esorcisti l'influenza che avevano
nei primi secoli" (Fede cristiana e demonologia, in Osservatore Romano, 26 giugno 1975).Il nuovo Codice di diritto
canonico del 1983 non prescrive più nemmeno l'obbligo per il vescovo
di assicurare alla sua diocesi l'esercizio di questa funzione e riduce a
un solo canone (n. 1172) i quattro canoni precedenti riservati agli esorcismi:
"Nessuno può pronunciare un esorcismo sugli ossessi se non ha ottenuto dall'Ordinario
del luogo un permesso particolare ed espresso. Questo permesso dell'Ordinario
sia accordato soltanto al sacerdote dotato di pietà, di scienza, di prudenza
e d'integrità di vita". Alcuni esorcisti che ovviamente credono nella realtà
delle possessioni diaboliche - almeno in alcuni casi - (Ernetti, Laurentin,
C.Balducci, Amorth, La Grua, Milingo e altri) sono perplessi e dispiaciuti.
Altri vorrebbero trasformare la funzione dell'esorcista in un "ministero
di accoglienza" e di ascolto, per non lasciare soli e senza conforto coloro
che credono di essere posseduti dal demonio e che ne soffrono (cf. I.Froc,
Esorcisti. Chi sono e cosa fanno. Come si insegna a combattere
Satana, Piemme, Casale Monferrato 1993, pp. 40-41; cf. id.
Esorcisti e mistero del male, San Paolo, Cinisello Balsamo 2000). Sulla
questione la chiesa è molto cauta: una riforma del Rituale Romano del 1614
in questa materia, avviata nel 1990 a opera della Congregazione per il culto
divino, è stata terminata e pubblicata ben nove anni dopo, in latino (De Exorcismis et supplicationibus quibusdam) e tradotta in
italiano soltanto nel 2002. Il nuovo Rituale degli esorcismi
invita i Pastori alla massima prudenza nel distinguere "rettamente i casi
di assalti diabolici da una certa credulità per cui anche dei fedeli ritengono
di essere oggetto di maleficio, di mala sorte o di maledizione, che sarebbero
inferte da altri sopra di loro. Non neghi loro l'aiuto spirituale, ma in
nessun modo compia esorcismi: dica piuttosto alcune preghiere con loro e
per loro, affinché trovino la pace di Dio". Il testo raccomanda di ricorrere
agli esorcismi solo nei casi sufficientemente accertati, e, aggiunge che in
ogni caso ci si faccia aiutare da esperti in medicina e di psichiatria.
Perché tutta questa falcidia? Certamente per rinnovare
l'antico linguaggio drammatico ed emotivo e adattarlo alla sensibilità moderna,
imbarazzata e meno interessata al diavolo, ma credo anche per seguire il cambiamento
dell'impostazione generale della pastorale che tende, dopo il concilio, a
dare un messaggio positivo di speranza e di fiducia nel Cristo risorto, invece
che di timore del diavolo e dell'inferno. In base al detto "Lex
orandi lex credendi", questa riforma si presenta come un messaggio di
minore attenzione e importanza conferite al mondo diabolico sia nella teoria
che nella pratica.
B) La gerarchia delle verità
Altra conseguenza è stata
la discussione su un concetto espresso dal Vaticano II nel decreto Unitatis redintegratio n. 11, il brano più rivoluzionario del
concilio secondo O.Cullmann: "Nel mettere a confronto le dottrine si ricordi
che esiste un ordine o 'gerarchia' nelle verità della dottrina cattolica,
essendo diverso il loro nesso col fondamento della fede cristiana". L'argomento
non era nuovo nel mondo cristiano, ma i cattolici avevano sempre affrontato
la questione senza connettere la provenienza delle verità (Scrittura, professioni
di fede, magistero) con la sostanza (verità necessarie per la salvezza). Ora
il decreto ha rotto questa tradizione, proponendo la maggiore o minore vicinanza
della dottrina al cuore del mistero cristiano e alla storia della salvezza
come criterio per stabilire un certo ordine e peso nelle verità di fede.
Non è tanto l'autorità che propone una dottrina ciò che conta di più, quanto
la verità stessa e la sua connessione con il nucleo centrale della fede cristiana.
Per venire al nostro argomento, "gli angeli e il diavolo non si trovano al
centro del Vangelo, ma chiaramente ai suoi margini... ne costituiscono un
orizzonte cosmico a-tematico più che un contenuto reso tematico. K.Rhaner (in Sacramentum Mundi, vol.III,
Brescia 1975) precisa che "non c'è ragione di collocare la dottrina del diavolo
al primo posto della 'gerarchia delle verità'... oltretutto non si trova nelle
grandi professioni di fede. Dove si rende necessaria una spiegazione e un'apologetica
della dottrina della chiesa sul diavolo, conviene anzitutto far notare all'uomo
odierno lo sconcertante potere sovrumano del male nella storia". Si tratta
quindi, nel senso più vero del termine, di 'verità marginali'" (W.Kasper, Il problema teologico del male, in Diavolo-Demoni-Possessioni,
Brescia 1983, p. 67) che non si possono considerare come 'articulis
stantis et cadentis Ecclesiae' (W.Hryniewcz (La hiérarchie
des vérités, in Irénikon 51, 1978, p. 491; Kerygma e gerarchia delle verità, Ad Gentes, anno II, n.2,
1998).
C) La demitizzazione avanza: Posizione critica
di alcuni teologi (1965-1972)
Come terza conseguenza del Concilio Vaticano II, alcuni teologi si sentono liberi di esprimere posizione
e riflessioni più compromettenti e decise. Si tratta di un movimento di opinioni
molto qualificato che coinvolge principalmente alcuni teologi domenicani come
C.Duquoc (rivista Lumière et Vie n. 68 del 1966), l'episcopato
olandese (Il discusso Catechismo olandese del 1966, e il libro
Angeli e diavoli, 1968, tr. it. Brescia 1972) e altri teologi
fra cui il laico H.A.Kelley (La morte di Satana, 1968, tr.
it. Milano 1969) e H.Haag (La liquidazione del diavolo?, 1969,
tr. it. Brescia 1970). Essi appoggiano le seguenti tesi:
Rivelazione e magistero non hanno né affermato
l'esistenza personale di Satana, né il contrario, ma solo l'esigenza di scegliere
Cristo
le affermazioni sul diavolo della Scrittura e del
magistero non sono quindi obbliganti;
il diavolo deve sparire come alibi della nostra
responsabilità nel male, perché Dio ci chiama a rispondere personalmente delle
nostre scelte e delle nostre azioni;
occorre liquidare per sempre questo personaggio
inutile e scomodo, o almeno agire come se non esistesse.
4. SVILUPPI ULTERIORI: PAOLO VI, GIOVANNI PAOLO
II, STUDI RECENTI (1972-2000)
A) Interventi di Paolo VI, commenti e repliche
(1972-1977)
Abbiamo visto che Paolo VI ha
frenato (o ha dovuto frenare) una presenza scomoda ed eccessiva del diavolo
nella liturgia, ma d'altra parte ha anche voluto esprimere a chiare lettere
il suo parere personale su questo personaggio. Forse lo ha fatto perché egli crede nella sua esistenza, o come risposta
alle prese di posizione dei teologi a suo parere troppo progressisti, o infine
come risposta al dilagare di quel vasto fenomeno negativo chiamato satanismo
o religione di Satana nel mondo laico. Ha parlato una prima volta durante
l'omelia del 29 giugno 1972: in questo periodo di secolarizzazione
e di desacralizzazione il papa ha l'impressione che "da qualche fessura sia
entrato il fumo di Satana", cioè "il dubbio, l'incertezza, la problematica,
l'inquietudine, il confronto, l'insoddisfazione. Non ci si fida più della
Chiesa, ci si fida del primo profeta che viene". Il papa confida ai presenti
di pensare che ci sia stato l'intervento di un potere avverso, del diavolo,
venuto per turbare e soffocare i frutti del Concilio. Dopo circa quattro mesi
Paolo VI riprende, con toni ancora più drammatici il discorso sul diavolo
durante un'udienze del mercoledì (15 novembre 1972): tutto il male
che è nel mondo, egli sostiene, è "occasione ed effetto d'un intervento in
noi e nel nostro mondo d'un agente, oscuro e nemico, il Demonio. Il male non
è più soltanto una deficienza, ma un essere vivo, spirituale, pervertito e
pervertitore...". E infine ammonisce che " esce dal quadro dell'insegnamento
biblico ed ecclesiastico chi si rifiuta di riconoscere esistente [la realtà
del Demonio], ovvero chi ne fa un principio a se stante; oppure la spiega
come una personificazione concettuale e fantastica delle cause ignote dei
nostri malanni".
In questa materia controversa il papa è intervenuto
esprimendo la sua opinione personale con chiarezza, ma dato che l'ha espressa
con atti minori del suo magistero ordinario, è lecito per un credente metterla
in discussione. Infatti seguono sorprese e commenti
nel mondo intero, per lo più negativi, con articoli sui giornali, interviste, e perfino un libro: Il papa e il diavolo di V.Gorresio (Milano 1973). Le prese di
posizione di alcuni teologi si fanno ancora più audaci: è il caso del secondo
libro assai più corposo di H.Haag (La credenza nel diavolo,
Tubinga 1974, tr. it. Milano 1976), e degli autori della rivista Concilium (Satana - i demoni sono dei "niente",
11/1975 n.3). Con molte argomentazioni profonde e lucide, essi continuano
l'opera della demitizzazione del diavolo: sostengono che disquisire sulla
personalità o meno di Satana è un problema insolubile e inutile, perché il
male è ormai stato vinto da Cristo; demitizzare o liquidare il diavolo è doveroso
e positivo per la purezza e la centralità della fede (credere è credere in
Dio e in Cristo venuto sulla terra per portarci l'amore del Padre e per realizzare
sulla terra l'uomo a immagine di Dio, non per combattere il diavolo o riparare
una frattura "storica"); è lecito e giusto considerare
il diavolo come una interpretazione teologica o una
metafora per esprimere la terrificante presenza del male nel mondo e negli
uomini.
A questi teologi risponde un lungo testo di un
Anonimo per conto della Congregazione per la dottrina della fede (Osservatore Romano, 26 giugno 1975) che riafferma la classica
dottrina del magistero su "Fede cristiana e demonologia", e in particolare
il grave ammonimento del papa. Tuttavia questo documento non ha avuto una
particolare risonanza, e non è nemmeno entrato a far parte degli Atti ufficiali
dei documenti papali e curiali (Acta Apostolicae Sedis): si
tratta di una semplice norma della dottrina ecclesiale che richiede tutt'al
più solo un prudente assenso interno. E Paolo VI esprime
per la terza volta la sua fede nell'esistenza del diavolo (udienza del
mercoledì 23 febbraio 1977), insistendo sul mondo corrotto e permissivo,
inquinato dal male, "che giace sotto il potere del Maligno", e richiamando
i fedeli a una costante vigilanza, perché questo mondo non seduca l'uomo portandolo
lontano da Dio.
I trattati di teologia e di morale, i dizionari
teologici e i catechismi di questo periodo sono più sfumati, non prendono
generalmente posizione, e preferiscono riferire lo status quaestionis.
Dicono concordemente che la credenza nel diavolo non appartiene al nucleo
centrale delle verità da credere, ma che fa parte dell'insegnamento ordinario
e costante della chiesa; ciò che è necessario proclamare, aggiungono, è la
vittoria di Cristo su ogni genere di male e la necessità per i fedeli di lottare
contro tutto ciò che si oppone alla manifestazione del Regno: il diavolo
esiste, ma è importante cercare con quale volto si manifesta oggi per poterlo
combattere.
B) Interventi di Giovanni Paolo II e catechismi
recenti (1978-1994)
Dal 1978 in poi Giovanni Paolo II ha pronunciato
in molte occasioni parole martellanti sul maligno (citato sempre, nei diversi
nomi, con la minuscola), ribadendo l'insegnamento costante e tradizionale
della chiesa cattolica. Leggiamone alcuni stralci:
Non bisogna aver timore di chiamare per nome il
primo artefice del male: il maligno (Lettera apostolica Parati
semper, 1985)
L'uomo ha seguito la voce del tentatore che diceva
alla donna e all'uomo: diventerete come Dio conoscendo il bene e il male
(Domenica delle Palme in S.Pietro, 1985)
Lo spirito delle tenebre è capace di mostrare Dio
come nemico dell'uomo... viene innestato da satana nella psicologia dell'uomo
il germe dell'opposizione... il rifiuto di Dio è pervenuto fino alla dichiarazione
della sua 'morte' (Lettera enciclica Dominum et vivificantem,
1986)
A proposito della divisione degli angeli dirà che
i buoni hanno scelto Dio, mentre gli altri gli hanno voltato le spalle operando
una scelta radicale e irreversibile (sembra una sorta di condanna a morte!)...
Satana, lo spirito ribelle, vuole il proprio regno, non quello di Dio, e
si erge a primo avversario del Creatore. Da allora il 'padre della menzogna'
cerca di imporre alla creazione la sua tragica menzogna sul bene che è Dio...
Le parole dell'apostolo Giovanni 'tutto il mondo giace sotto il potere del
maligno' alludono anche alla presenza di satana nella storia dell'umanità.
La sua abilità è quella di indurre gli uomini a negare la sua esistenza in
nome del razionalismo: farsi ignorare corrisponde ai suoi interessi (5 catechesi
del mercoledì nel 1986)
Al Santuario di San Michele Arcangelo di Foggia,
nel 1987 il papa affermò che il demonio è tuttora vivo e operante: il male
che infesta il mondo non è solo conseguenza del peccato originale, ma anche
dell'azione infestatrice e oscura di satana, quest'insediatore dell'equilibrio
dell'uomo.
Nel 1988 a Torino, città di grandi santi e centro
satanico per eccellenza, il papa dirà che dove c'è l'attività del Santo
spirito, là arriva anche un altro: così si spiega l'enigma dell'ambiente
piemontese, pieno di santi e di satanismi.
Il 1993 è stato un anno di grandi occasioni: in
Sicilia il papa identifica nei satelliti di satana i capi e i sicari di
Cosa Nostra; negli USA parla con toni apocalittici contro il drago, satana,
autore e responsabile di tutti gli inganni e di tutte le violenze di oggi.
Il diavolo non è solo un'ipostasi del male - egli dice - ma è 'persona',
anzi 'una pluralità di persone', tutte dominate dalla volontà di nuocere
all'uomo che è continuamente costretto a lottargli contro e a resistergli.
La lotta si fa sempre più dura, ma la vittoria definitiva sarà del Bene.
Il papa ha espresso ed esprime senza sfumature o
attenuazioni l'antica dottrina professata dalla chiesa sul diavolo. E puntualmente
arrivano i commenti di teologi e giornalisti laici e cattolici che vanno dalla
critica negativa più radicale ("si tratta di un pericoloso e rinnovato conservatorismo
reazionario", cf. G.Franzoni, A.M.Di Nola), a una posizione più moderata
che si chiede se sia giusto alimentare così i contrasti tra chi ingenuamente
crede ancora nel diavolo con le corna e chi razionalmente vede in esso solo
la personificazione del male (S.Pricoco, G.Minois); e infine anche al plauso
di alcuni esorcisti e conservatori, ma la maggioranza della stampa cattolica
riporta semplicemente le parole del papa, non senza qualche disagio interpretativo.
L'insegnamento del papa viene ripreso, in modo più
sistematico e solenne nel Catechismo della Chiesa cattolica del 1992,
voluto dal papa, scritto da una commissione di vescovi sotto il suo controllo
del cardinale Ratzinger e dello stesso papa, e approvato con la costituzione
apostolica Fidei depositum. Il testo riafferma senza ambiguità,
in una dozzina di punti, le antiche credenze sul diavolo e sugli esorcismi.
Si tratta di un insegnamento del magistero ordinario proposto a tutta la
chiesa come punto di riferimento per i catechismi dei singoli paesi, ma dobbiamo
aggiungere che non è stato accolto unanimemente all'interno della chiesa:
molti teologi e molti sacerdoti hanno protestato per le formule arcaiche
che esso contiene, sostenendo fra l'altro che, se è vero che Gesù ha parlato
in questi termini, non è lecito attenersi alla lettera delle parole evangeliche:
le Scritture devono essere interpretate. Inoltre, aggiunge Severino Dianich:
"Se il nucleo del messaggio cristiano è chiaro nel Nuovo Testamento, il bagaglio
dottrinale e morale si è tanto dilatato in duemila anni - si pensi ai 2.865
paragrafi del Catechismo della Chiesa Cattolica - che risulta difficile definire
la sostanza di ciò che si deve credere per essere identificati dalla chiesa
come fedeli suoi membri" (Cosa si deve credere per diventare
cristiani, in Ad Gentes, o.c., p. 153). Il Catechismo
degli adulti della CEI del 1995 si presenta come una traduzione di questo
testo, ma in realtà Satana vi ha un posto ancora più grande, soprattutto nel
paragrafo 4: "I demoni hanno come capo Satana... Bisogna vedere in lui una
persona malvagia e potente... la storia è inquinata e stravolta dalla sua
azione nefasta...la lotta durerà fino all'ultimo giorno... La Chiesa non
minimizza il mistero del male riducendolo alle deficienze della natura o
alla colpa dell'uomo, ma vi scorge un'efficienza, un essere vivo, spirituale,
pervertito e pervertitore... Occorre essere cauti, ricorrere alla preghiera,
a opere di penitenza e di carità e infine ricorrere all'esorcismo la cui efficacia
non è tuttavia automatica, ma dipende dalla volontà di Dio".
C) Studi recenti (1985-2000)
Accanto a questi pronunciamenti del magistero, gli
studi degli specialisti proseguono. Li possiamo suddividere in tre gruppi
principali:
- libri di noti esorcisti che difendono a oltranza
la presenza del demonio e la necessità di ampliare la lotta contro di lui
anche con una rinnovata prassi esorcistica (G.Amorth, C.Balducci, P.Ernetti,
R.Laurentin, Abate Giulio, M.La Grua, F.Spinardi). C.Balducci arriva perfino
a dire che "i teologi [che propagandano la morte di satana] non si rendono
conto di essere divenuti in tal modo collaboratori e strumenti di quel diavolo
a cui ritengono di aver dato l'addio" (Il diavolo, Casale
Monferrato 1988, p. 10);
- opere divulgative, tutte più o meno demitizzanti
o storiche, come quelle di G.Franzoni (Il diavolo, mio fratello,
Rubbettino, Soveria Mannelli CZ 1986), A.M.Di Nola (Il diavolo,
Newton Compton, Roma 1987), due grandi volumi degli Atti del convegno di Torino
su "Diabolos, Dialogos, Daimon" del 1988, e testi di E.Pagels,
S.Pricoco, D.Cerbeland, G.Minois e altri;
- infine segnaliamo alcune profonde riflessioni
teologiche sul male, che hanno sostituito la demonologia in molti studiosi
odierni, anche credenti, come: P.Ricoeur, Il male, Morcelliana,
Brescia 1993; rivista teologica Concilium 1/1998, Il fascino del male; J.Maritain, Dio e la permissione
del male, Morcelliana, Brescia 19955; R.Girard, Vedo Satana cadere come la folgore, Adelphi, Milano 2001.
5. CONCLUSIONE
Mi sono proposta di essere una osservatrice esterna
di questa vicenda teologica, anche se qualche volta è potuta trasparire
qualche mia preferenza. Proprio da osservatrice esterna, penso comunque
che la "gerarchia delle verità" già citata possa esserci utile per considerare
questa successione piuttosto occasionale di affermazioni, come un aspetto
tutto sommato non centrale dell'attuale consensus ecclesiae.
Si può dunque essere cattolici senza dover credere nel diavolo come persona
e nell'eternità dell'inferno.
Infine mi permetto, da cristiana, di esprimere due
speranze e due osservazioni:
- che la credenza nel diavolo (dal greco diabállo = dividere), e nell'eternità dell'inferno, non "divida"
i credenti in due schieramenti opposti che si "demonizzano"
a vicenda (creeremmo un altro diavolo nel suo nome);
- che avvenga una seria revisione storico-critica
di tutta la dogmatica - come è già avvenuto per l'esegesi biblica, senza danno
per le chiese, anzi con vantaggio - per presentare la fede cristiana in un
modo più comprensibile, essenziale e positivo: solo così può, fra l'altro,
procedere anche il dialogo interreligioso, indispensabile alla pace nel mondo.
- Resta per tutti il grave impegno di snidare e
combattere con accanimento e fiducia contro il male e contro le cause che
lo scatenano, presente dentro e fuori di noi: "non sta a noi compiere l'opera,
ma non possiamo esimercene", come dice rabbi Tarfon.
- Resta per i cristiani un' unica certezza: non
siamo soli in questa battaglia, qualcuno ha già lottato e sofferto con noi,
fino alla morte, e con successo: questi è il Figlio di Dio, nostro fratello
e maestro.