APPROFONDIMENTI CULTURALI - XXXI  -  (ANNO XVII, N. 3)

RICORDO DI MARTIN CUNZ

                                                                                                     (1945 - 2003)
La necessità dell'incontro fra culture diverse Martin Cunz la viveva con la massima naturalezza, fa parte del suo stesso essere. L'incontro con lui, a La Mendola tanti anni fa (durante le settimane di formazione ecumenica del SAE, quando era presidente Maria Vingiani) è stato un momento profondamente coinvolgente per la sua disarmante capacità di lasciar intravedere la sua ricchezza interiore e la sua umanità, e la disponibilità senza condizioni ad ascoltare l'altro con l'orecchio dell'anima, in uno scambio che subito si discosta da qualsiasi superficialità.
È questa necessità che lo ha spinto fra l'altro a calarsi nella cultura ebraica, prima di tutto nella lingua che è inscindibile dal testo della Bibbia ebraica, per andare alle radici profonde del cristianesimo che aveva scelto di servire come pastore riformato.
La sua opera per avvicinare i cristiani ai vari aspetti della tradizione ebraica ha conosciuto un momento forte nel Lehrhaus di Zurigo e nella redazione della rivista Lamed, mentre in parallelo si acuiva il suo desiderio di avvicinarsi al tema del chassidismo, che da un lato lo ha spinto a scegliere di sprofondare nella storia e nella pietas molto particolare e drammatica di Rabbi Nachman - la sua tesi di dottorato pubblicata in Svizzera -e dall'altro lo ha condotto ad andare a più riprese a visitare i luoghi storici dei chassidim, viaggi intrapresi con spirito spartano ed estraneo a qualsiasi approccio. La sua opera per avvicinare i cristiani ai vari aspetti della tradizione ebraica ha conosciuto un aspetto turistico, nel tentativo di entrare davvero in quello che può rimanere oggi dell'anima chassidica, in quello che resta oggi delle comunità travolte dalla bufera della Shoà.
Negli ultimi tre anni, Martin decide di ritornare a fare il pastore, nelle regioni più depresse dell'Argentina, e ne conosce la povertà ‘nera’, come lui si esprimeva, ma anche la ricchezza e la nobiltà d'animo, la grande ‘semplicità’ accanto a una ‘durezza fatta anche di odi e litigi’ che caratterizzano le popolazioni tagliate fuori dalla ricchezza materiale - e dalla povertà spirituale - del nostro mondo occidentale. La sua presa di coscienza di quanto l'Europa ‘sta per perdere o ha già perduto quanto a coscienza e cultura popolare, la lentezza, il godimento delle cose quotidiane, i gesti comunitari’ è stata forse per lui un ripercorrere la realtà storica di disperata miseria delle comunità ebraiche polacche e ucraine nel momento della nascita e della prima diffusione della spiritualità chassidica.
L'esigenza di trasmettere a noi le riflessioni, anche teologiche, frutto dell'esperienza argentina, sua e di Marina, è stata troncata e il suo ‘ultimo canto’, come dice il poeta C. N. Bialik in una commovente poesia per un amico scomparso, è perduto per sempre: ma moltissimo Martin ci ha già generosamente donato. Il suo ricordo sia di benedizione.

Laura Luzzatto




 Amos Luzzatto ha voluto ricordare così l'amico indimenticabile Martin Cunz z. l. traducendo in sua memoria dall’ebraico una poesia di Chaim Nachman Bialik.

                      Dopo la mia morte
                                  (in memoria di N)

                          …dopo la mia morte, commemoratemi così:
‘C'era un uomo - e guardate: non c'è più…
Prima del suo tempo quest'uomo è morto
e a metà si è interrotto il canto della sua vita…
Che dolore! Aveva ancora una canzone -
ed ora ecco, questa si è perduta per sempre,
                         perduta per sempre !

                         E' molto triste ! Egli aveva un violino -
un'anima vivente e parlante,
e quando il poeta vi parlava
gli narrava tutti i segreti del suo cuore,
la sua mano suggeriva tutti i suoi suoni.
E tuttavia, un solo segreto dentro di sé egli ha nascosto,
mentre attorno attorno le sue dita ricamavano,
una sola melodia era rimasta muta,
                         e muta è rimasta fino ad oggi !…
                         E' molto, molto triste !
Per tutta la sua vita questa melodia,
si era mossa silente, aveva tremato silente,
al suono della sua musica, al suo fedele redentore
essa aspirava, bramava, desiderava, si sentiva trasportata,
così come ogni cuore anela al cuore che gli è destinato;
e anche se esso si attardava - quotidianamente lo attendeva
e con un sospiro occulto lo invocava -
ma egli ritardava, e infine non giunse, addirittura non
                        giunse !…


E' molto grande, molto grande il dolore !
C' e r a un uomo - e, guardate, non è più,
il canto della sua vita a metà si è interrotto.
Aveva ancora un canto
ed ora quel canto è andato perduto per sempre,
                        perduto per sempre !’

                               

                                                                                  Chaim Nachman Bialik (1904)


                                          «Tutti d'ora in poi mi diranno beata» (Lc 1,48)

Vieni Santo Spirito, trasforma la lettera della Scrittura nella tua Parola per noi. E come scendesti una volta sulla tua cara povera serva, scendi anche su di noi, affinché la tua Parola possa prendere forma in mezzo a noi.

     l. Incontrando Maria non incontriamo solo la Maria biblica! In Maria incontriamo anche due tradizioni da cui attingiamo costantemente, coscientemente o incoscientemente: la tradizione ebraica da una parte e la tradizione della Chiesa - con una C maiuscola - dall'altra. In Maria questi due fiumi viventi si avvicinano, si toccano, si sfiorano con il loro mormorio, dialogano l'uno con l'altro, ma i due fiumi non confluiscono. Maria, come il suo figlio, il nostro maestro e signore, contengono questi due fiumi e vivono nelle loro correnti. Meditando sul testo di Luca cercherò di attingere da queste due fonti che nutrono la nostra fede.

     2. Da buon protestante, però, se voglio parlare e meditare su Maria e anche pregare con Maria, ho bisogno di fare alcuni ragionamenti. Devo anche superare qualche ostacolo perché Maria sembra separarci. Maria è un punto delicato nell'ecumenismo odierno. Da noi protestanti c'è un'allergia e ogni tanto un ribrezzo viscerale contro la ‘Madonna’ dei cattolici.
Questa allergia è altrettanto viscerale come quella contro il primato del papa. Mi ricordo benissimo quando sono entrato per la prima volta nella chiesa dell'abbazia di Einsiedeln, molti anni fa. Mi trovai davanti alla statua di ‘Nostra Signora di Einsiedeln’, in mezzo alla gente e ai pellegrini che pregavano il rosario e accendevano dei lumini. In quel momento avevo sentito tutto il peso della nostra separazione e tutti i pregiudizi reciproci. Il problema dei nostri rapporti non si situa al livello della Bibbia ma al livello delle nostre tradizioni. Ad Einsiedeln, davanti alla‘cappella delle grazie’ avevo però anche ricevuto un grande
dono che mi sono portato a casa come una perla preziosa: il Salve regina cantato dai monaci, a otto voci, ogni giorno dopo il vespro. Strano dono per il figlio di una famiglia protestante molto cosciente, cresciuto in una città con una maggioranza cattolica e informato e convinto sin dall'infanzia che il culto di Maria sia idolatria! Non capivo allora perché fui toccato dalla musica e anche dal testo del Salve regina. Capii molto più tardi e sto ancora per capire adesso.

     3. Esiste una Maria protestante accanto a quella cattolica e ortodossa e accanto a quella ebraica? La Maria biblica come tale è la Maria dei protestanti? Basta ricorrere alla Bibbia per dichiararsi protestanti come se la Bibbia sia un libro protestante? Sappiamo che il testo sacro non è il punto di partenza della fede. Il testo sacro è già il frutto di una viva tradizione della Chiesa. Crediamo forse perché possediamo questo testo, perché ‘sta scritto’, o non crediamo piuttosto perché abbiamo udito e ricevuto la fede dai nostri padri e dalle nostre madri? Il primo comandamento nella Bibbia Ebraica e nel Nuovo Testamento non è: ‘Leggi Israele’ ma ‘Ascolta Israele’! Paolo dice con molta precisione in Rm 10,17: «La fede viene dall'ascolto e l'ascolto viene dalla Parola del Cristo». Paolo non aveva ancora il Nuovo Testamento in mano. L'unico testo sacro era la Bibbia Ebraica e la sua traduzione in greco. La Parola del Cristo era per lui e le comunità a cui scriveva tradizione viva, tradizione orale: «Io ho ricevuto dal Signore quel che a mia volta vi ho trasmesso» (1 Cor 11,23). Quello che ha ricevuto l'ha ricevuto da altri, gli è stato trasmesso a viva voce.
   
     4. Maria, come tutta la Parola del Cristo, non esiste senza la tradizione della Chiesa prima e dopo la redazione del Nuovo Testamento. La Maria di Luca è frutto di questo processo che chiamiamo «tradizione», un processo che consiste nel ricevere e nel trasmettere.
(Nella terminologia farisaica e rabbinica questi due momenti della tradizione sono chiamati ‘qabbalà’ -ricevimento - e ‘massorà’ - trasmissione. Il concetto cristiano di tradizione, non il suo contenuto, non si distingue dal concetto farisaico e rabbinico di tradizione. Sarebbe interessante paragonare 1 Cor 11,23 con Pirqè Avot 1,1).
La Maria del testo sacro è solo una parte di questo processo o di questo fiume che scorre attraverso la storia, anche se questo testo rimane la misura - il ‘canone’ - o se volete la diga entro la quale il fiume scorre. Ma il fiume stesso, il processo dinamico è lo Spirito.
Maria è in particolare, nella tradizione viva della Chiesa, la figura dell'azione dello Spirito. Ella è tutto ciò che lo Spirito fa: la realizzazione di Dio negli uomini. E ciò non solo allora, duemila anni fa, ma anche in ogni generazione e in ogni singola donna e in ogni singolo uomo. Maria attrae l'attenzione non solo sul Redentore ma anche sulla meta del Redentore e della Redenzione, cioè una comunità umana redenta, assieme a una creazione redenta. Maria non crede solo nel suo figlio, non parla solo del Redentore e non lo celebra solo. Maria lo ‘realizza’, per così dire: lo concepisce, lo porta nel suo grembo, lo partorisce e gli dà la sua forma umana. Maria non accompagna solo il suo figlio, ma condivide anche la sua vita, condivide il suo destino sin dalla nascita fino alla trasformazione e trasfigurazione della nostra realtà nella gloria di Dio. Maria rappresenta anzitutto la continuazione dell'incarnazione attraverso la storia. L'incarnazione non è terminata in Gesù. Gesù Cristo non si lascia fermare e bloccare. Non è chiuso né nel testo sacro della Bibbia né nei tabernacoli né nelle varie ideologie cristiane che evitano che il Cristo ci venga troppo vicino. Il Cristo vive in noi e in mezzo a noi e ci fa consorti di quello che Egli è. Condividiamo la sua sorte. Ecco Maria!

     5. Forse è per questo che Maria, più tardi, è diventata una figura di preghiera per i cristiani. Ancora per i padri della Riforma Maria era una figura di preghiera. Lutero e Zwingli hanno recitato l'Ave Maria dopo i loro sermoni. L'hanno recitata con grande amore per la «cara, povera serva», come Lutero si esprimeva. Il nostro testo, la storia dell'annunciazione, è diventato preghiera - cosa che succede raramente con i racconti biblici. La storia dell'annunciazione trasformata in preghiera ci rende coscienti, nel flusso vivo della tradizione, che siamo redenti. La storia dell'annunciazione diventa, tramite la preghiera, la nostra storia.
Ecco Maria: non una figura idealizzata, ma il Cristo vivo in noi e in mezzo a noi. Per questo «la chiameranno beata tutte le generazioni».

     6. Permettetemi perciò di usare la preghiera dell'«Angelo del Signore» come chiave d'interpretazione per leggere il testo biblico
con gli occhi della tradizione cristiana - cosa audace per una lettura protestante. Non dimenticherò dall'altra parte la chiave d'interpretazione ebraica. La percepirete però più nel sottofondo che alla superficie della mia meditazione.
     «L'angelo del Signore portò 1'annuncio a Maria ed ella concepì dallo Spirito Santo».
Che cosa succede? Dio manda un angelo e di Maria è detto che sia vergine. Un angelo e una vergine: ecco le due figure centrali del nostro racconto e la terza figura, Dio, fa storia con esse. L'angelo, il messaggero, si chiama ‘Gabriele: Dio è la mia forza’. Dio elegge una persona o un gruppo di uomini mandando un messaggero. Il nostro testo parla difatti di elezione.
Chi o che cosa è il messaggero di Dio nella mia vita, nei miei rapporti, nella mia chiesa? Un uomo, una donna? Un gruppo di persone? La mia vita quotidiana? Una malattia, un dolore? Un talento che non ho ancora usato? Una sfida personale o una sfida per la chiesa o la comunità in cui vivo? Siamo abbastanza sensibili per quello a cui Dio ci elegge?
Dio manda il messaggero a una ‘vergine’: lei non ‘appar­tiene’ ancora a nessuno. È ancora libera. Tutto è aperto per lei. Si lascia sorprendere e si lascia anche spaventare. Non ha ancora le idee fisse e non è ancora prigioniera dei suoi preconcetti. È disponibile a ricevere il messaggero da dove egli venga e che cosa egli le porti. Questo è verginità. Verginità: Non desiderare altro che Dio. O meglio: trovare e vedere Dio in tutte le cose e in tutti gli eventi
.
L'angelo porta a Maria un saluto: «Ti saluto Maria», o in un'altra traduzione: «Rallegrati Maria, piena di grazia!»: «colmata di grazia» (trad. interconfessionale.) «Grazia» ha un doppio senso, anche in greco e in ebraico: «bellezza» da una parte e «grazia» nel senso della gratuità ma anche nel senso di essere eletta, dall'altra parte. Rallegrati Maria, tu sei bella agli occhi di Dio perché ti ha eletta. La tua bellezza, la tua grazia proviene dalla bellezza di Dio. L'uomo eletto e redento è bello. I padri greci della chiesa sanno cantare la bellezza, non la bellezza di statue di marmo o di legno, ma la bellezza di esseri umani viventi: la bellezza del loro sguardo che è lo sguardo del Cristo che vive in loro.
Maria sembra sorridere per un momento, come Sara dietro la tenda: io eletta? Io bella così come sono? No, aspetta ancora un po' finché mi sono preparata. Meglio tornare domani. Ma il saluto dell'angelo è molto chiaro: Tu sei colmata e perciò piena di grazia, ora, come sei. Sei il recipiente della Parola di Dio che prende forma umana per mezzo della tua persona. «Non temere, Maria... tu concepirai un figlio... Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio».
Il Dio d'Israele fa irruzione nella vita di Maria in un modo concretissimo. Lo Spirito viene ad abitare nel suo corpo. Maria rimane per così dire, incinta dallo Spirito! Ella porterà d'ora in poi Dio nel suo grembo e non solo nei suoi pensieri e nelle sue emozioni. Lo Spirito agisce fisicamente, trasforma i nostri corpi, trasfigura i nostri rapporti. Il corpo è il luogo dell'incontro e delle relazioni anche con Dio! Il palcoscenico dello Spirito è la nostra realtà storica. Un teologo protestante del settecento, Friedrich Christoph Oetinger, ha detto: «La meta delle vie di Dio è la corporeità». Dio cerca i nostri corpi prima che le nostre anime, perché le anime possono vivere solo se i corpi sono trasfigurati in templi del Dio vivente. Dio non ha altre
possibilità per agire in questo mondo che i nostri corpi e i nostri rapporti concreti. La redenzione è fisica o si perverte in un'ideologia. Allora si tratta di offrire noi stessi, e ciò vuol dire i nostri corpi a Dio in sacrificio vivente (Rm 12,1) per eseguire la liturgia esistenziale del Cristo in noi e in mezzo a noi.
Ormai il Cristo abita in ogni essere umano. Egli cresce e matura in noi e in mezzo a noi. Come la Torà è data al popolo ebraico per formare e trasformare la vita, così anche il Cristo: egli ci è dato per impregnare tutte le dimensioni della vita. Il Cristo brama ardentemente di essere partorito da noi. Noi siamo la sua Maria! Non è solo poesia questa, ma piuttosto un invito a non rimanere nelle nostre varie ideologie cristiane. È un invito a vivere la vita in Cristo.

    7. «Maria disse: ecco io sono l'ancella del Signore, si compia in me la tua parola».
Maria lascia agire lo Spirito. Lei ammette che la Parola di Dio diventi parte di lei come il bambino nel grembo diventa parte della madre. Per questo Maria sarà chiamata più tardi, nella Salve Regina, «mater-misericordiae - madre della misericordia». L'autore della Salve regina, Ermanno Contratto, un monaco paralizzato per tutta la vita che ha vissuto sull'isola della Reichenau nel lago di Costanza, doveva sapere che questa espressione «mater misericordiae» è anzitutto un genitivo oggettivo: Maria è madre per la misericordia di Dio, è eletta dalla misericordia di Dio per essere la madre del Redentore. Ma la lingua ebraica ci aiuta a capire ancora un senso più profondo di questa espressione: l'ebraico usa la stessa parola per «misericordia» e per «grembo-materno» (rachamim -rechem). Ecco la misericordia per eccellenza - non pietà! - quando una donna riceve in sé un bambino. Noi tutti viviamo perché una volta una donna ci ha ricevuti e ci ha dato il suo ‘Sì’ senza condizioni. Noi tutti viviamo grazie alla ‘misericordia’ di una donna, anche se questa donna, più tardi, forse non sarà sempre una madre ideale. Ma il suo ‘Sì’ primordiale, la sua misericordia, ci dà una grande forza di vivere.
Ora, quando Maria è chiamata «madre della misericordia», essendo l'oggetto della misericordia di Dio, e perciò anche misericordiosa con i suoi fratelli e le sue sorelle, ella è anche misericordiosa con Dio! Sì, Maria è misericordiosa con Dio: lo riceve nel suo grembo. Ella non rifiuta questa possibilità impossibile. «Rachamim - misericordia» in ebraico comporta anche la connotazione dell'incoerenza. Il Dio misericordioso è il Dio incoerente. Un midrash racconta: Quando Dio si mise a creare l'uomo gli angeli protestarono e dissero: «Non creare l'uomo. Egli trasgredirà le tue leggi e, per conseguenza, dovrai distruggerlo!». Allora Dio, prima di creare l'uomo, creò la teshuvà, il ritorno e, alzandosi dal trono della rigidità e della coerenza, si sedette sul trono della misericordia e creò l'uomo. Viviamo grazie all'incoerenza (inconseguenza) di Dio. Soltanto gli angeli e gli animali e le piante sono coerenti! Loro non trasgrediscono i loro confini e le loro leggi. Ma l'uomo non deve dire «B» quando ha detto «A». E in questo lui è l'immagine del suo creatore. L'uomo può peccare, è vero, ma può anche ritornare, cercare la vita anziché la morte. Ecco la misericordia che dà all'uomo la sua similitudine con Dio.
Ora, nel racconto dell'annunciazione il Dio assoluto supera, nella Sua incoerenza, il confine assoluto tra Lui e noi pregando una donna di riceverlo. E lei, rinunciando alla sua propria coerenza e ai suoi propri principi, si mostra misericordiosa con Dio: «Mater misericordiae»! So che questo modo di pensarla non è molto familiare quando si parla di Maria. Ma di questo si tratta
nella figura di Maria: di una donna eletta davanti a cui il Dio d'Israele e non qualsiasi dio pagano - s'inchina e da cui Egli, il Santo aspetta la misericordia primordiale che solo lei può concederGli. E di questo si tratta anche per noi: di essere misericordiosi con Dio. Forse, saremo poi anche più misericordiosi gli uni con gli altri!

     8. «E il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi e noi vedemmo la sua gloria».
Il Verbo - e non semplicemente Dio - si fa carne. Bisogna precisare questo. Dio rimane Dio e l'uomo rimane uomo. Ma il confine è ormai aperto. Il Verbo, la Torà, la Parola di Dio, che è Dio perché proviene dal Suo intimo, diventa ‘carne’: corpo umano, società umana. Come la Torà per Israele così il Cristo diventa la via praticabile per l'umanità. Ogni situazione diventa ormai una situazione del Cristo, una realtà in Cristo. Come per la Torà così anche in Cristo tutto diventa ‘materiale’ per essere formato e trasformato. Tutto diventa l'occasione di santificare il Nome di Dio. Tutta la nostra realtà diventa tempio del Dio vivente. I nostri corpi e i nostri rapporti diventano trasparenti per la gloria di Dio. «Tutta la terra è piena della Sua gloria» (Is 6,3). «Il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi e noi vedemmo la sua gloria» (Gv 1,14). Si tratta di vedere la gloria di Dio nella «carne».

     9. Non abbiamo dunque paura, noi protestanti, di Maria! E voi cattolici non idealizzatela! Lasciamola ritornare nelle nostre chiese e nelle nostre preghiere. Lasciamo agire l'Onnipotente, le grandi cose che Egli ha fatto in Maria, anche in mezzo a noi. Penso che Maria sia ancora davanti a noi, perché è la garante che il Cristo sia davvero la nostra vita e non semplicemente la nostra ideologia.

    10 - Un'ultima parola concernente la recita dell'Ave Maria: Voi sapete che alla preghiera dell'«Angelo» si aggiunge il saluto a Maria: «Ti saluto Maria ...». Questo saluto si è trasformato nella tradizione cristiana in una vera e propria preghiera rivolta a Maria, o più precisamente una preghiera rivolta al Cristo per mezzo di Maria. Voi cattolici dovrete fare ancora molti sforzi per far capire a noi protestanti che Maria non sia la quarta persona della Trinità, e dovrete farci capire la differenza tra adorazionee venerazione, anche nella prassi del culto mariano. Ma intanto, noi protestanti, perché non cerchiamo il dialogo con Maria, perché non cerchiamo di pregare con Maria, di meditare i misteri del Cristo, che sono anche i nostri propri misteri, con Maria, non per ultimo per diventare anche noi Maria?
Vorrei perciò proporre, ai cattolici e ai protestanti ancora un'altra cosa: se è vero che Maria è la figura del credente, abitato da Cristo, perché non provate a rivolgere ogni tanto il saluto dell'angelo a quelli che vi sono vicini o anche a quelli con cui avete difficoltà? Questo può essere fatto anche nel silenzio. Sì, è vero, anche tu sei una Maria, abitata da Cristo:
 

«Ti saluto..., tu sei piena/o di grazia
e il Signore è con te.
Tu sei benedetta/o e benedetto è il frutto
che cresce e matura in te: Cristo Gesù.
Cara/o... portatrice/ore del Cristo,
prega per me peccatore».


(Martin Cunz, D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata in Aa. Vv., a cura del SAE, Laici, laicità, popolo di Dio. L'Ecumenismo in questione. Atti della XXV Sessione di formazione ecumenica, organizzata dal Segretariato Attività Ecumeniche SAE), La Mendola (Trento) 25 luglio-2 agosto 1987. Edizione Dehoniane, Napoli 1988, pp.200-207). 


Natività, Salterio XII secolo. Biblioteca Apostolica Vaticana, 110.


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