«Ecco di fuori tua madre e
i tuoi fratelli»:
la famiglia di Gesù. Salone delle Opere Sociali, piazza Duomo, Vicenza,
30 gennaio - 1 febbraio 2004 Si ringrazia per il patrocinio e il contributo l'Amministrazione Provinciale di Vicenza e il Centro Veneto per la Sacra Rappresentazione; la Banca Popolare di Vicenza; le Gallerie di Palazzo Leoni Montanari - Banca Intesa. PRESENTAZIONE Fino a non molto tempo addietro nella società dell’Occidente borghese non c’era nulla di più agevole che rispondere alla domanda di cosa fosse una famiglia: si trattava di un gruppo parentale costituito da due genitori, da un numero variabile di figli e da qualche altro parente, un nonno, una nonna o una vecchia zia che non era riuscita a maritarsi. Oggi le cose sono più complesse e imprevedibili. Gli incroci sono diventati più vari e mobili: i genitori possono non coabitare, mentre figli di padri e madri differenti possono convivere come fratelli e sorelle. Quanto a nonni e zie in genere stanno altrove, sovente in posti non belli. Se in luogo di guardare all’oggi lo sguardo esce dall’Occidente o si spinge indietro nei secoli ci si imbatte in famiglie patriarcali in cui sotto uno stesso tetto convivono più generazioni governate da consolidate regole gerarchiche. Per quanto una determinata pietà l’abbia proposta a modello di una certa concezione della famiglia, quella di Gesù, Giuseppe e Maria non rientra in nessuno dei parametri precedenti: non è un gruppo patriarcale, né una famiglia borghese, paradossalmente sarebbe più facile paragonarla ai singolari nuclei familiari di oggi: un figlio solo, suo padre non l’ha concepito, ma sua madre l’ha generato. Per di più le gerarchie sono capovolte: il padre è all’ultimo posto, la madre prevale su di lui mentre il figlio, pur sottomesso, lo fa rispetto a entrambi. Siamo a conoscenza di lunghe e strane genealogie che però finiscono in Giuseppe che è solo ‘padre putativo’; invece i vangeli canonici, a differenza degli apocrifi, nulla dicono delle ascendenze di colei che è stata vera madre di Gesù. A un certo punto saltano fuori inattesi fratelli di Gesù. Si tratta di fratellastri, di cugini? Entrano in campo l’esegesi e la dogmatica: ognuno dice la sua su Maria. Venendo prima i vangeli non sono, grazie a Dio, presi nelle spire di questi dibattiti; parlano di Maria in altro modo, per esempio facendole pronunciare parole grandi (Magnificat, da magnum facere) che celebrano un Dio rivolto verso gli umili. Con il trascorrere dei secoli in Oriente e Occidente l’orante Maria di Nazareth è divenuta pure colei che può essere pregata. Sulla labbra di uomini e donne quel nome ha significato tante volte la forma di fede avvertita più vicina. Molte volte la storia della pietà è stata contraddistinta da un forte allontanamento dalla fonte biblica; in altre occasioni però ne è stata ermeneutica vera. Piero Stefani
Si è svolto a Vicenza
dal venerdì 30 gennaio a domenica 1 febbraio 2004 il seminario invernale
«La famiglia di Gesù». Il seminario ha visto
una partecipazione di circa un centinaio di soci e amici, ospitati
nella sede signorile del Palazzo delle Opere Sociali, quindi nel cuore della
città berica. Il programma dell’incontro prevedeva due relazioni
introduttive, che hanno permesso di focalizzare l’attenzione sulle problematiche
relative al tema di studio. Enrico Norelli ha presentato le fonti
canoniche ed extracanoniche che consentono di ricostruire quali fossero i
membri della famiglia di Gesù, mentre Edmondo Lupieri ha analizzato
i racconti di Matteo e Luca sull’infanzia di Gesù: da questa ricognizione
è emerso che nella prima comunità cristiana esisteva un contrasto
tra i fratelli «di fede» e i fratelli «di sangue»
di Gesù: chi gli doveva succedere, Giacomo il fratello del Signore
o Pietro il pescatore? Inoltre l’incomprensione dei parenti verso la missione
di Gesù serviva a evidenziare come la fede comporti nuovi rapporti,
che superano i legami di sangue. In tale contesto assumono particolare rilievo
la figura di Giuseppe e quella di Maria: a esse era dedicato il secondo giorno
dell’incontro. Daniele Menozzi ha mostrato l’evolversi della devozione
a san Giuseppe, l’«uomo giusto» del Vangelo, che diventa modello
di padre sollecito, di casto coniuge, di autorità familiare, di operaio
irreprensibile: a seconda delle varie epoche storiche, fino al secolo XX,
quando la sua figura è servita nella Chiesa cattolica a rafforzare
finalità di politica ecclesiastica .
Al teologo cattolico Carlo
Molari e a Marinella Perroni spettava il difficile compito di
illustrare il passaggio dalla figura di Maria, come appare dai Vangeli, ai
dogmi mariani. Si è chiarita così la legittimità
di uno sviluppo dogmatico, facendo rilevare d’altra parte la necessità
di riformulare in termini nuovi l’esperienza di fede. Quello che importa
è capire come i Vangeli non si interessino tanto a una verginità
biologica, quanto al fatto che essa è un simbolo della trascendenza
del dono: non la carne e il sangue potevano generare il Cristo,
ma solo la potenza del Dio trascendente.Hanno completato l’analisi della
figura di Maria Traian Valdman, vicario delle comunità
ortodosse romene, e Teodora Tosatti, pastora valdese di Napoli, che
hanno commentato rispettivamente l’inno "Akatistos", uno dei più antichi
testi della devozione mariana orientale, e il cantico del "Magnificat". A
complemento della seconda giornata, i partecipanti hanno assistito alla rappresentazione
di antiche laudi cadorine del secolo XIII sulla Passione del Signore. Di
ciò va dato merito ai coniugi Pellizzari e al Centro Veneto per la
sacra Rappresentazione che ha collaborato generosamente per la buona riuscita
dell’intero seminario, curando anche la visita ai palazzi Thiene e Leoni-Montanari,
dove l’ospitalità vicentina ha avuto modo di accogliere i partecipanti
nel migliore dei modi.
Nella terza giornata Yann Redalié, della Facoltà Valdese di Roma, è entrato nel cuore del problema posto dall’esistenza dei «fratelli» di Gesù. Gesù ha avuto veramente dei fratelli carnali, o si tratta solo di cugini o di fratellastri? Secondo gli storici la risposta più probabile è che Gesù abbia avuto veramente dei fratelli di sangue; la Chiesa cattolica, dal tempo di san Girolamo, ha invece accolto ufficialmente la tesi dei cugini, mentre la Chiesa ortodossa preferisce parlare di fratellastri. Al di là di questa discussione, è apparso in tutta la sua forza il pericolo di un tradimento della vera domanda evangelica soggiacente ai passi in cui si parla dei fratelli di Gesù: come mai quest’uomo, di cui conosciamo l’origine umana, che è uno di noi, il figlio del carpentiere, pretende di essere la rivelazione del Dio invisibile e trascendente? In realtà dunque il vero problema che la Chiesa primitiva ha affrontato era quello di accettare la logica e la realtà dell’Incarnazione. Nell’ultima relazione dell’incontro, Ferdinando Bandini, poeta e presidente dell’Accademia Olimpica di Vicenza, ha compiuto una veloce quanto stimolante panoramica sulla poesia mariana nella letteratura occidentale.Tre sono i temi privilegiati dai poeti (e dall’arte in genere): l’annunciazione, la natività e la passione. Da Dante al Petrarca, da Manzoni a Brecht e a Rilke, si vede come i poeti hanno rappresentato in Maria colei che stende un filo sopra l’abisso del mistero dell’Incarnazione e vi cammina sopra con l’incoscienza della fanciulla purissima che era. Su questa suggestione poetica si è chiuso il seminario, provocando in ciascuno il desiderio di continuare a esplorare per suo conto l’abisso di questo mistero. Luigi Dal Lago
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