Gentile da Fabriano (1425), San Nicola dona di nascosto tre borse d'oro a un nobile caduto in miseria perché questi possa maritare le figlie.
Pinacoteca vaticana.
Convegno organizzato da BIBLIA, Associazione laica di
cultura biblica,
in collaborazione con l'Istituto dei Ciechi di Milano
Patrocinio e sostegno del Ministero dei Beni Culturali
Patrocinio della Provincia di Milano
Si ringrazia la Fondazione CARIPLO
11-13 novembre 2005
Istituto dei
Ciechi, via Vivaio 7, Milano -
tel.02772261
"L'amore del prossimo: comando di Dio, impegno dell'uomo" Regola d'oro: "non fare agli altri ciò
che non vorresti che gli altri facciano a te". Qualcuno però la chiama
argentea riservando il metallo più prezioso alla sua versione affermativa
che impone di fare agli altri quanto si vorrebbe fosse fatto a noi.
Questi principi si trovano in molte religioni e culture. La Bibbia propone
anche altre formulazioni, in particolare il comando: "ama il prossimo
tuo come te stesso". Esso, a differenza di quanti molti ancora credono,
non è una novità portata da Gesù. Questo precetto infatti è già formulato
in modo esplicito nella Bibbia ebraica (cfr. Levitico 19,18).
Iscrizione Inviare la scheda debitamente compilata in tutte le sue parti a Biblia, via A. da Settimello 129, 50040 Settimello FI, insieme all'anticipo di 30 € a testa, non rimborsabili in caso di ritiro. La quota di partecipazione è di 80 € a testa, mentre per i Soci di Biblia e per i giovani è di 60 € a testa, e per i residenti a Milano di 30 €. Soggiorno Si può prenotare, usando la scheda
d'iscrizione, il pernottamento a Milano presso uno dei seguenti
luoghi: Pasti Cena di venerdì sera, a buffet, presso l'Istituto dei Ciechi, 20 €; cena sociale presso il Jolly Hotel, 25 €. I pasti summenzionati devono essere prenotati sulla scheda d'iscrizione, ma andranno pagati in loco. Segreteria del convegno - BIBLIA, via A. da Settimello 129,
50040 Settimello FI; tel. 055/8825055; fax 055/8824705; e-mail: biblia@dada.it;
sito: www.biblia.org RELAZIONE È difficile esprimere in breve
l'essenza di questo convegno, molto ricco dal punto di vista umano e
spirituale per gli argomenti toccati e la capacità con cui tutti
i relatori hanno saputo volare alto. Li ringrazio indistintamente per
quello che ci hanno dato anche se io mi limiterò a ragguagliare
per esteso solo alcuni interventi. La scelta dipende solo dalla capacità
personale di organizzare i ricchi appunti e non esprime certo un giudizio
di valore. Voglio però almeno nominare i nomi dei relatori di
cui non sono riuscita a riassumere gli interventi:
Pelio Fronzaroli,
Paolo Branca, Amos Luzzatto, Nina Kauchtschiswili, Bruno Segre, Fabio
Silva, Angelo Bazzari.
Mons.
Ravasi ha ritenuto significativo approfondire da un punto di vista
teologico quattro significati della parola 'prossimo' strutturandoli
in una mappa riferita ai quattro punti cardinali. A oriente ha collocato
la teologia dell'amore del prossimo: Dio è amore (1Gv 4,8) e
da Dio che ama l'umanità, deriva l'umanità che ama. A
sud ha collocato l'analisi di alcune parole dell'amore. A proposito
della parola 'prossimo' ha sottolineato come nella parabola del Buon
Samaritano la domanda oggettiva dello scriba «chi è il
mio prossimo?» si trasformi, alla fine, nella domanda soggettiva
di Gesù «chi è diventato prossimo nei confronti
dell'altro?». Questa mutazione indica che solo diventando prossimo
si può veramente capire chi è il prossimo. Infine 'eros'
significa desiderio, aspirazione e tensione verso l'altro, conquista,
affermazione determinata dalla bellezza della persona amata. 'Agape'
è sacrificio, donazione, via di Dio verso l'uomo che viene trasformato,
è grazia, è amore disinteressato, è amore che crea
la bellezza della persona amata. Questo connubio di eros-agape è
magistralmente evidenziato nel Cantico dei Cantici. A nord ha collocato:
«i numeri dell'amore». Contro la negazione dell'amore che
è la spirale della violenza il Vangelo incrementa fino a 70 volte
7 l'obbligo di perdonare (Mt 18,22). In Es 21-23 vi sono norme di giustizia
retributiva come 1 a 1, occhio per occhio, dente per dente - ma le guerre
non seguono queste leggi perché il nemico distrugge molto di
più per vincere l'altra parte. Estendendo questa equazione 1
a 1 al positivo, abbiamo «ama il prossimo tuo come te stesso».
L'ultima equazione è quella del 3 a 1000 nella frase il primo
numero si riferisce alla punizione, il secondo alla misericordia (Es
20, 5-6). Infine a ovest ha collocato i volti dell'amore che sono: l'amore
ecclesiale, l'amore fraterno, l'amore materno e paterno portando per
esempi la concubina di Saul che veglia i cadaveri dei propri figli giorno
e notte tutelando i cadaveri dagli attacchi degli animali rapaci, Davide
che si dispera davanti al cadavere del figlio Assalonne, l'amore fraterno
fra Gionata e Davide.
Salvatore Natoli nella sua relazione «La responsabilità
nei confronti dell'altro: una prospettiva laica», ci ha spiegato
che il termine moderno di 'laico' nasce in contrapposizione al clero
allorché non viene più accettata la mediazione sacerdotale
nell'interpretazione del testo biblico. Essere laici è il diritto
di essere liberi e criticamente adulti per meditare tutti insieme sulla
fonte della vita della salvezza senza che alcuno imponga il monopolio
sulla verità. Nel Vangelo di Luca, Gesù all'inizio della
sua vita pubblica va nella sinagoga di Nazareth, apre il rotolo, legge
e commenta (Lc 4,16-21). Ci può essere una condotta laica nel
perfetto credente e per converso, ci può essere, in chi non fa
riferimento a rivelazioni religiose, un atteggiamento religioso.
Due spunti dalla relazione di
Piero Stefani, intitolata «Amerai
il tuo prossimo come te stesso: io sono il Signore. Si può comandare
l'amore?». La regola d'oro sia nella forma negativa «Non
fare agli altri quello che non vorresti che fosse fatto a te»
sia in quella affermativa «fai agli altri quello che vorresti
che gli altri facessero a te» non equivale a dire: fai agli altri
quello che fai a te stesso. Vuole dire: fai agli altri quello che tu
desideri che gli altri facciano a te. La responsabilità è
perciò sempre dell'altro verso di te e tua verso l'altro. Per
questo si è di fronte a un comando legato alla reciproca alterità,
altrimenti ci sarebbe solo una reciproca limitazione. «Ama il
prossimo come te stesso» (Lv 19,18). Nel precetto del Levitico
il verbo amare regge eccezionalmente il dativo. Ciò avviene perché
ha a che fare con l'operatività. Il comandamento infatti significa:
agisci amorosamente verso il tuo prossimo. «Come te stesso»
indica l'uguaglianza di condizione, non una determinata quantità
di amore. La relazione «Se amate quelli che vi amano che merito avete?»
era affidata a
Yan Redalié. Le sue parole mi hanno molto affascinato
e mi hanno fatto cadere un velo rispetto l'alterità di Dio così
come si presenta nel terzo capitolo della Genesi: essa è un limite
al centro del giardino. Infatti il racconto pone il limite del divieto
di mangiare il frutto della conoscenza del bene e del male, al centro
del giardino. Non è un limite alla periferia, né un recinto.
Dunque la struttura stessa della libertà che non è infinitamente
espansiva ma è limitata al centro. Questo limite posto al centro
rimanda all'altro che è Dio, mentre la tentazione rappresentata
dal serpente nega questo limite al centro e nega la differenza fra Creatore
e creatura. «La mia libertà finisce dove inizia quella
dell'altro» non ha riscontro nella struttura delle creature del
giardino dell'Eden che al contrario sostiene: la mia libertà
comincia dove comincia la libertà dell'altro. Anche la felicità
della coppia di innamorati dice questo, perché non vive di libertà
consecutive ma di libertà contemporanee; è da qui che
derivano le difficoltà della coppia, le difficoltà dell'amore
dei genitori verso i figli, le difficoltà dell'amore nella mia
libertà. L'altro lo incontro non come limitazione dell'espansione
di me stesso, bensì lo incontro in partenza come costitutivo
della mia libertà, come me stesso. La legge si mette nella prospettiva
a partire dall'altro, rappresenta sempre l'altro, come limite invalicabile
in mezzo alla mia attività: non uccidere, non rubare
Dunque
il limite al centro è buono però è sempre a rischio
di essere spostato alla periferia, di diventare recinto, categoria,
segregazione, giudizio sugli altri che sono diversi, che sono esclusi.
Questa perversione possibile del limite viene affrontata nelle antitesi
del sermone sul monte. L'ideale di perfezione in Matteo è il
passaggio da una logica dello scambio a una logica del dono e rimette
tutta la fiducia in Dio. La legge è una risposta data in anticipo
a tutte le questioni implicite dell'uomo ma non può raggiungere
la singolarità di ogni situazione perciò il senso della
legge viene messo sempre alla prova nei casi che si presentano fra la
vita e la morte. Nella storia del samaritano il fatto improvviso, inaspettato,
dirotta il percorso previsto e questa parabola quindi si presenta come
riferimento per inventare ed essere creativi sulle risposte da dare.
Il maestro della legge viene invitato a fare il giro per questa storia
per essere in grado di creare la risposta da dare alla situazione. La tavola rotonda su «Solidarietà, equità e giustizia»
che ha avuto come moderatrice di tutto rispetto la bravissima
Laura Novati, ha entusiasmato tutta la platea.
Maria Teresa Spagnoletti
ci
ha conquistati per la sua umanità, simpatia e competenza. Dopo
averci introdotto dettagliatamente in quelli che sono i suoi doveri
nello svolgimento del suo lavoro di magistrato nel tribunale minorile
di Roma, ha sviluppato il suo intervento sul rapporto fra giustizia
e misericordia. «Farsi portavoce di un Dio che è giustizia
e perdono, Padre e Madre, dare testimonianza della sua giustizia e della
sua misericordia; unire l'amore di Dio e il timore di Dio, l'uno corrisponde
alla misericordia di Dio, l'altro alla sua giustizia. Lo squilibrio
fra questi, è sempre a favore della misericordia». Questa
frase riassume il suo operato perché unire questi due principi
vuol dire essere una persona giusta. Misericordia non vuol dire buonismo,
significa riconoscere l'altro come persona, capacità di ascoltare
i bisogni dell'altro. La relazione è sbilanciata e non facile;
da una parte c'è il giudice, dall'altra il ragazzetto che ha
commesso reato e che parla magari un'altra lingua. Il compito difficile
del giudice è di stabilire con l'altro una relazione significativa,
per poter poi dare una risposta di giustizia che tenga in sé
la misericordia e ristabilisca regole che si sono interrotte. Se nei
minori manca il senso delle regole ciò probabilmente avviene
perché gli adulti non sono stati in grado di far capire loro
che esistono e che hanno un significato e vanno rispettate. Beati quei
ragazzi che riescono a capire che la propria libertà non deve
invadere la libertà dell'altro. Bisogna anche essere capaci di
dire no e quando un giovane ha un comportamento errato, la giustizia
esige una sanzione per questo comportamento attraverso una risposta
che possa ristabilire l'equilibrio e possa ricreare delle relazioni
interrotte. La risposta della misericordia è invece essere capaci
di rischiare, di dare fiducia a questi ragazzi, anche se ci sono e ci
saranno fallimenti, perché solo attraverso i fallimenti di uno,
dieci, cento, si riuscirà a ricondurre un ragazzo a dei rapporti
veri.
Marco Grazioli si occupa della comunità chiamata «La città
dei ragazzi» che accoglie adolescenti stranieri provenienti da
ogni parte del mondo e in fuga da realtà familiari e sociali
ostili. Sulla sua relazione ci sarebbe da dire molto ma mi limito a
riportare quattro frasi da lui citate. Una è dell'artista colombiano
Botero: «Bisogna costruire qualcosa di molto circoscritto, qualcosa
che si capisce benissimo per essere capito da tutti». Un'altra
è di Brecht: «ci mettiamo dalla parte del torto non avendo
un altro posto in cui sederci». La terza è di Renoir: «il
fascino della bellezza viene dalla diversità», l'ultima
è di Enzo Bianchi: «La chiave di lettura di ogni esistenza
umana è il rapporto con l'altro, comunione attraverso il conflitto,
comunione nella diversità». Questi ragazzi, come tutte
le persone, hanno diritti e doveri. I diritti sono gli stessi di ogni
altra vita umana. Attraverso i doveri si intende invece portarli quotidianamente
e costantemente a una crescita di responsabilità verso se stessi
e verso gli altri. Grazioli ha citato infine un proverbio etiope: «Il
mondo non ci è stato lasciato dai nostri padri, ci viene dato
in prestito dai nostri figli». Fra le tante conclusioni che ho tratto, quella che emerge dalle sintesi
degli interventi, specie di Redalié, di Spagnoletti e Grazioli,
è che la legge, nel suo significato sia teologico sia umano,
è una realtà veramente buona, ma per raggiungere la perfezione
nella sua applicazione pratica ha bisogno di un apporto creativo nella
sua interpretazione, in modo da arrivare a trovare la soluzione più
giusta per il singolo individuo, quindi per il prossimo che siamo tutti
noi. Carla Tendi |