Giovedì 25
Pomeriggio Arrivo e sistemazione in hotel.
21,00 Cena all’Hotel Savoy.
Venerdì
26
08,30 Escursioni guidate in pullman: una sulla
panoramica dell’Adriatico (Villa Imperiale, Fiorenzuola di Focaia,
Gradara); l’altra all’Eremo della Santa Croce di Fonte Avellana.
Pranzo
libero.
16,00 Inizio dei lavori con il saluto delle
autorità.
16,30 Per conoscere Paolo: fonti e
interpretazioni, Yann
Rédalié, docente di Nuovo Testamento alla Facoltà Valdese,
Roma.
17,15 Discussione e pausa.
18,15 Le donne di Paolo,
Marinella Perroni,
docente di Sacra Scrittura al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo,
Roma.
19,00 Discussione.
20,30 Cena sociale all’Hotel Savoy.
Sabato 27
09,00 Presentazione della giornata.
09,15 Le vie di Paolo da
Tarso a Roma: un pensiero in progress,
Giuseppe Barbaglio, storico delle origini cristiane, Roma.
10,00 Discussione e pausa.
11,00 Introduzione a due laboratori sul pensiero
teologico ed etico
di Paolo,
Rinaldo Fabris,
Presidente dell’Associazione Biblica Italiana, Udine.
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Segue:
Sabato 27
12,00 Pranzo libero.
13,00 Visita guidata,
in gruppi distinti, al centro storico della città e alle
collezioni d’arte di Palazzo Montani Antaldi.
15,30 Lavori di gruppo su alcuni testi paolini
relativi a: La via della fede (legge, opere e giustizia
e La via dello spirito (libertà, carisma, amore).
17,30 Presentazione dei
contributi e delle domande e relazione conclusiva di Rinaldo
Fabris.
19,30 Cena all’Hotel Savoy,
21,00
Teatro
Sperimentale di Pesaro: “E Dio creò la zanzara”, Centro di
Solidarietà di Pesaro. Offerta libera.
Domenica
28
08,20 Visita ai mosaici posti su due livelli sotto
al pavimento attuale della Cattedrale.
09,30 Una lettura ebraica di Romani
9-11,
Stefano
Levi Della Torre, saggista,
Milano.
10,15 Gli oppositori di Paolo,
Antonio Pitta,
docente di Nuovo Testamento, Facoltà Teologica dell’Italia
Meridionale, Napoli.
11,00 Pausa e discussione.
12,00 Sintesi conclusiva del moderatore
Piero Stefani,
biblista e saggista, Ferrara. |
NOTIZIE UTILI
Descrizione del luogo. Fondata nel
184 a.e.v., la colonia romana di Pisaurum perpetua nel nome la
memoria di un preesistente approdo greco sull’omonimo fiume Isaurus
o Pisaurus (oggi Foglia). Una leggenda fa derivare il nome
della città da «pesa dell’oro», con riferimento al dittatore romano
Camillo il quale, sgominati i Galli che avevano risparmiato il
Campidoglio ricevendone in cambio un immenso riscatto in oro, pesò
l’oro ricuperato proprio a Pesaro.
La città sul cui ponte
passava la via Flaminia, fu contesa per secoli da goti, bizantini,
longobardi e franchi; fu feudo dei Malatesta nel XIII secolo, degli
Sforza (Palazzo Ducale) e infine fu assegnata da papa Giulio II ai
Della Rovere, duchi di Urbino che la cinsero di mura e ne fecero uno
splendido centro artistico e culturale. A Pesaro è stata a lungo
presente un’importante comunità ebraica. La manifattura della
maiolica, che fiorì specialmente nel secolo XVI, trovò vantaggio nella
natura del terreno, ricco di argilla fine e di minerali. Agli inizi
del Novecento, abbattute le mura, Pesaro si estese verso il mare con
moderni quartieri di città balneare. Capoluogo di provincia, oggi
questa piccola e graziosa città conserva anche una parte
cinquecentesca ricca di antiche e sottili atmosfere, abbellita da
importanti palazzi, chiese e monumenti. La città diede i natali nel
1792 al grande musicista Gioacchino Rossini.
Sede del convegno e alberghi.
Mentre il convegno avrà luogo nell’Auditorium di un bel palazzo nel
centro storico della città, il nostro albergo si trova vicino al mare,
a pochi minuti a piedi dal centro: Hotel Savoy, viale della Repubblica
22, tel. 0721/67440. Si tratta di un albergo a quattro stelle dove
mangeremo alla sera, che ci mette gentilmente a disposizione quindici
stanze doppie e sette suite di due camere doppie ciascuna (per quattro
amici o amiche o due coppie), a prezzi davvero eccezionali: i primi 58
iscritti potranno anche alloggiarvi, mentre gli altri staranno in
alberghi vicini.
Come e quando arrivare. L’arrivo è
previsto in albergo per giovedì 25 gennaio entro l’ora della cena per
chi partecipa alla gita del venerdì, oppure venerdì 26 gennaio entro
le ore 16 direttamente alla sede del seminario, oppure dopo le ore 13
in albergo. La partenza è prevista per domenica 28 gennaio dopo le ore
12,30.
Per chi arriva in macchina, prendere la
direzione mare verso la ‘palla di Pomodoro’; c’è un garage interno a
pagamento (8 € al giorno), oppure un parcheggio libero all’esterno.
Per
chi arriva con mezzi pubblici, dalla stazione prendere un taxi, oppure
prendere qualunque autobus di numero pari, o anche il 9 o la circolare
sinistra (vanno tutti in viale della Repubblica).
Visite
e teatro. Durante il seminario sono previste alcune visite
alla città, guidate da amici pesaresi, alle quali si potrà partecipare
senza alcun costo né prenotazione. La sera di
sabato
potremo assistere a uno spettacolo davvero straordinario che presenta
una libera e divertente rilettura della creazione biblica: “E Dio creò
la zanzara”, messo in scena dal Centro di Solidarietà di Pesaro e
promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune della città. Per la
mattina di venerdì invece, abbiamo previsto due escursioni guidate in
pullman, al costo di 20 €, oltre al costo di una mezza pensione in più
se si arriva il giovedì sera: se si vuole parteciparvi occorre
iscriversi a una delle due escursioni segnandolo sulla scheda, e
pagare in anticipo:
1. ‘Panoramica dell’Adriatico’. La prima tappa
sarà la villa Imperiale, bella residenza estiva rinascimentale degli
Sforza composta da due edifici posti sul Colle San Bartolo. Risalendo
il colle sulla strada panoramica, si giunge al Castello di Firenzuola
di Focaia, ricordato nel XXVIII canto dell’Inferno di Dante.
Dopo pochi chilometri si giunge al confine con la Romagna per visitare
la città-fortezza di Gradara, uno dei luoghi più importanti della
Signoria dei Malatesta, dove, secondo la tradizione, si svolse la
tragedia di Paolo e Francesca.
2. ‘Eremo di Fonte Avellana’. Situato a 700 mt.
di altezza fra le foreste del massiccio del Catria, l’Eremo è un luogo
di grande suggestione paesaggistica e di straordinario interesse
architettonico e culturale. Fondato da San Romualdo, Padre dei
Camaldolesi, prima dell’anno 1000, ospitò San Pier Damiani che ne fece
il Centro spirituale più importante di Umbria e Marche. Vi andremo
solo se le condizioni climatiche lo permetteranno.
Costo e iscrizione. La mezza
pensione – camera, prima colazione e cena - è di 40 € a testa al
giorno in camere doppie (non ci sono singole), sia che si dorma
all’Hotel Savoy, sia in altri alberghi vicini. Si tratta di un prezzo
davvero eccezionale, dovuto alla sensibilità dei proprietari, a patto
di pagare in anticipo l’intero soggiorno (rimborsabile per intero in
caso di ritiro fino al 20 dicembre, e parzialmente fino al 10
gennaio).
La partecipazione costa 50 € per i soci di
Biblia e 70 € per i non soci, di cui occorre inviare 20 €, non
rimborsabili in caso di ritiro, insieme alla scheda di iscrizione.
Per iscriversi occorre inviare
la scheda
compilata in ogni sua parte
e il tagliando di ccp (n° 15769508)
intestato a Biblia che certifichi il versamento effettuato di:
-
il costo delle mezze pensioni (40 € per un giorno, 80 € per
due giorni oppure 120 € per tre giorni, a testa);
-
l’anticipo di 20 € per la partecipazione;
-
il costo della gita di venerdì mattina (20 €)
Non siamo in grado di garantire il posto
negli alberghi dopo il 20 novembre.
Relazione sullo svolgimento del
Seminario
Diavolo di
un Paolo di Tarso!
Resoconto
semiserio di un bel Convegno
Diavolo di un Paolo di Tarso! Tante ne abbiamo sentite e ripassate sul
suo conto in quel di Pesaro! A cominciare dalle… sue donne! Quando
abbiamo letto il titolo di una lezione, Le donne di Paolo,
abbiamo pensato: ah’n vedi! anche il Paolo, però! chi l’avrebbe detto,
il birichino!
Invece il titolo, te pareva!, era stata una trovata dell’Agnese, che
birichina lo è sempre. Telefonatele magari un venerdì, mentre è in
macchina con la Cristina, sta venendo a Pesaro, e si è bevuta un po’
di vino di quello buono. Vedrete cosa vi risponde, a proposito di via
Passeri, dove si tiene il convegno!
No,
niente di sexy e nessuna rivelazione tipo Codice da Vinci.
Ci ha pensato Marinella Perroni che, a differenza dell’Agnese,
è una persona seria, anzi seriosa, a riportarci alla realtà. E a
ricordarci che Paolo, le donne, da un lato le maltratta e le vuole
silenziose in assemblea (e si può immaginare quanto la cosa bruci
ancora a tutte le nostre gentili mogli, amiche e conoscenti, specie al
pensiero di tutte le corbellerie che vi dicono gli uomini, in
assemblea!), dall’altro le saluta, le riverisce, le appella con
qualifiche imbarazzanti, come quando (Rm. 16,1) chiama Febe, e non
solo lei, ‘diaconessa’, al che la Bibbia delle Paoline si precipita a
precisare in nota (leggere per credere a pag. 1.206): «Le diaconesse
erano vedove con importanti uffici pubblici nella Chiesa primitiva,
specialmente nel battezzare le donne, nell’assistenza dei poveri e dei
malati. Corrispondevano alle suore di oggi addette alle opere di
carità, all’Azione Cattolica». Una specie di suore poverelle o di
zelatrici. O, perché no?, dame della San Vincenzo.
Ma
Paolo non ha ritegni: c’è una tale Giunia, che, insieme con Andronico,
viene definita «insigne tra gli Apostoli». E Paolo non è uno che
distribuisca con facilità appellativi del genere, visto come è
suscettibile su questo punto. E la Perside quae multum laboravit in
Domino. E Perroni, ahinoi!, ci dice che in greco è peggio ancora,
perché Paolo usa proprio il vocabolo che dedica ai ministri di Dio.
Qui
Paolo l’ha fatta proprio grossa, e non si è reso conto in quale
imbarazzo avrebbe messo la C.E.I., che, ci assicura Perroni, non
edita la nuova traduzione perché con queste cose qui non è poi detto
che basti una nota!
Ma
allora, è femminista o misogino, ‘sto Paolo! Come la mettiamo con il
(I Cor. 14, 34) «Mulieres in ecclesiis taceant; non enim
permittitur eis loqui, sed subditas esse…». E se hanno
qualche dubbio, lo chiedano pure al marito una volta a casa. Sperando
che sia stato attento. Perché qualcuno avrà dormito anche allora, o
no!
Marinella ci tranquillizza: è una glossa aggiuntiva e incoerente con
il pensiero dell’Apostolo. I discendenti dei glossatori la prendono
ancora per buona e non c’è verso di fargli cambiare idea. Ma Paolo ha
detto: non c’è dunque più né giudeo né greco, né schiavo né libero, né
uomo né donna (Gal. 3, 28) e questo ci basta. Lasciamo fare al tempo.
E a un’altra dozzina di convegni di Biblia.
Tipaccio ‘sto Paolo. Non è certo uno che si metta lì a tavolino e se
la goda a scrivere. No, neanche gli piace poi tanto. Scrive quando
proprio non può farne a meno. E butta giù le lettere senza star lì
tanto a pensare allo stile. E infatti quelle sicuramente di sua mano
sono quelle scritte peggio. Ce lo dice Redalié e ce lo ripete
Pitta.
I
cristiani nuovi di zecca non sono certo farina da far ostie. Li hai
appena costituiti e già ne combinano di tutti i colori. Si dividono in
correnti, e in questo i cristiani sono sempre stati specialisti, in
politica e fuori, anche se adesso sono in molti indaffarati a
imitarli; vanno in assemblea e si ubriacano; c’è chi si porta da casa
il cestone e se lo pappa da solo e chi rimane a guardare; accolgono
persino uno che se la fa con la moglie di suo padre. Si spera almeno
che sia la matrigna!
Paolo, che tanto farina da far ostie non è neanche lui, non li perde
certo di vista. E li tempesta, li fulmina, li minaccia. Le comunità
son sue e ne vuol rispondere lui. E guai a chi gliele tocca.
Apriti cielo quando viene a sapere che i Galati vogliono farsi
circoncidere. Solo perché sono arrivati dei tizi, che Paolo neanche
chiama per nome (damnatio memoriae, dice Pitta) che vogliono
rovesciare tutto quanto lui ha predicato. Eh no, proprio no! Reagisce
in modo violento e radicale, ci ricorda Barbaglio. Il suo è il
Vangelo della libertà. Cristo basta da solo. Cristo o è tutto o è
niente. Cristo è presenza escatologica, non uno degli inviati.
Ma
allora, domanda che ci siamo fatti, Paolo, ebreo, ce l’ha con gli
ebrei che non hanno accettato Cristo? E certo che ce l’ha, eccome! E
certamente i suoi passi sono stati utilizzati ogni volta che si è
voluto e goduto.
Ma
per fortuna, l’ultimo giorno, come a conclusione ideale del convegno,
c’è stato l’intervento del prof. Pitta. Paolo ce l’ha con gli ebrei da
ebreo. E si sa che pochi sanno essere critici feroci degli ebrei come
gli ebrei stessi.
E’
una polemica forte, di uno, tra l’altro, che le sue le ha passate e le
enumera: «cinque volte dai Giudei ho ricevuto i quaranta colpi meno
uno» (2 Cor. 11, 24). Ma rimane lì, ostinatamente, con orgoglio. Non
vuole che i pagani diventino ebrei per arrivare a Cristo. Ma chi ebreo
lo è, non ripudia nulla, neanche la Legge.
Ah
sì, questo è stato forse il centro del Convegno. La Legge e Cristo,
Abramo e Mosè, Paolo e gli ‘altri’ Apostoli. Levi Della Torre
lucidamente ha posto Paolo a un bivio, il bivio esistenziale e
culturale del suo tempo, un tempo di globalizzazione: rompere o
continuare. Tradimento o fedeltà. E Paolo percorre la via della nuova
fedeltà che è rottura. Il patto che nella storia di Israele è sempre
stato tra diversi e distinti, diventa nel Cristo fusione,
incarnazione.
Ma
Pitta gli risponde: sì, tutto vero. Paolo anticipa un problema che
sarà poi anche della cultura ebraica, come anche Levi ha ricordato. Ma
quando Paolo pone il problema, non è il cristiano contro l’ebreo. E’
l’ebreo che parla da ebreo agli ebrei.
La
distinzione, la separatezza, l’avvertenza della rottura è posteriore.
Ecco, Paolo non è stato a sufficienza storicizzato, né dagli ebrei, né
dai cristiani. Da qui ogni possibile fraintendimento. Lasciamo stare i
Galati e veniamo ai Romani. Qui Paolo è meno impulsivo. D’altra parte,
ce lo ha ricordato Barbaglio, il suo è un pensiero in divenire, che
nasce dalle circostanze. La comunità di Roma non è una delle sue; è
divisa tra ebrei e gentili convertiti; Paolo deve entrarci in punta di
piedi, anche perché ne ha bisogno: vuole andare in Spagna e i Romani
gli sono indispensabili.
Allora lasciate che anch’io dica la mia fesseria. Nella lettera ai
Romani, sarà per convenienza, sarà per prudenza, sarà per maturazione
del suo pensiero, Paolo abbandona l’irruenza. Non fa polemica.
Ragiona. In modo involuto, faticoso, a volte sembra arrampicarsi sugli
specchi. Io vi noto un serio e drammatico confronto prima di tutto con
se stesso.
Questo sforzo ha un fine: un estremo tentativo di conciliare la Legge
con Cristo, per tutti coloro che alla Legge non possono e non debbono
rinunciare, ma senza compromettere in alcun modo la totale adesione a
Cristo. Qui Paolo parla prima di tutto per sé, per quell’ebreo che è
rimasto e vuol continuare a essere anche dopo che si è dato tutto a
Cristo.
Per
cui, a mio sommesso parere, gli ebrei di oggi, se volessero
compiutamente storicizzare Paolo per comprenderne fino in fondo il
dramma, avrebbero meno ragioni per diffidare di questo personaggio
così grande perché così travagliato, così debole, così controverso,
così moderno proprio perché, nonostante le certezze, così aperto alla
ricerca.
E,
dal canto loro, se i cristiani di oggi capissero fino in fondo questo
suo rimanere ebreo nonostante Cristo, anzi in Cristo, proverebbero
meno imbarazzo di fronte alle sue sfuriate.
Tutto
questo nel nome della giustizia, quella giustizia di cui ci ha parlato
Rinaldo Fabris e che è biblicamente la giusta relazione tra
uomo e Dio. Una relazione che ognuno vede, sente, concepisce come
meglio crede, tanto più vera e umana quanto più consapevole e vissuta,
ma che dovrebbe unire nel dialogo e non dividere nella reciproca o,
peggio, nella unilaterale sufficienza.
Allora, apostolo o apostata, questo Paolo? Apostolo sì, per carità di
Dio! Se viene a sapere che lo mettiamo in dubbio, capace che ci scrive
un’altra lettera e di quelle toste. Apostata no. Mai. Egli vive il
dramma del rifiuto proprio per il suo non essere e non poter essere
apostata. Mai. E questo è il problema ancora e sempre aperto, ancora e
sempre inquietante per tutti, con cui si è conclusa la lezione di Levi
Della Torre.
Ad
leviora! Si discuteva con i convegnisti. L’idea dei gruppi di
lavoro viene dalla buona volontà di Fabris o dalla perfidia di Agnese?
Buona volontà di far partecipare tutti, o perfidia di far lavorare
anche gli altri e che se ne stiano un po’ buoni e fuori dalle scatole?
Non è
dato sapere. Fatto sta che sabato pomeriggio, esausti da una mattinata
di impegnative relazioni, rifocillati in piedi come cavalli perché
l’appuntamento era sadicamente fissato alle 13 in punto sotto i
portici del Palazzo del Governo, equamente distante da tutto,
intruppati in tre gruppi che hanno giocato a nascondino per i vicoli
della città vecchia con la nobile scusa di visitare chiese e palazzi…,
alle 15.30 molto passate i convegnisti si sono riuniti in ben sei
gruppi presieduti da altrettanti cirenei, frettolosamente istruiti la
sera prima, tutti ben investiti della parte, alcuni addirittura fieri,
altri circospetti. E lì, in cerchi abbastanza grandi da dover gridare
per farsi capire, in modo da poter impedire al gruppo vicino di fare
altrettanto, ci si è imbarcati in dotte disquisizioni esegetiche, che
a sentirle parevano vere, agitando baldanzosamente il testo greco,
quello latino e financo quello italiano.
Dopo,
ogni presidente ha presentato all’assemblea il risultato del lavoro.
E’ opinione dei più che i cirenei abbiano esposto esattamente quello
che pensavano prima dell’incontro di gruppo, con due lodevoli
eccezioni. La Giancarla che, adusa a una scuola severa, e con una
certa pregressa praticaccia, ha fatto il riassunto delle posizioni
emerse, talché l’analisi ha avuto la meglio sulla sintesi. E la Maria
Carolina che, con la furia di essere sintetica, non ha avuto il tempo
di esporre neanche il suo, di pensiero.
Per
coerenza e simpatia, Rinaldo Fabris ha tratto le sue conclusioni del
tutto indipendentemente dal lavoro dei cirenei e dei sottocirenei.
Scelta lodevole e ben accettata perché così ci siamo gustati un’altra
cavalcata delle sue.
Conclusione: uno splendido gioco di società. Tutti si sono divertiti e
si sono sentiti utili. Sempre meglio di una sessione di burraco!
Come
al burraco, però, sempre con l’orologio in mano, perché la cena era
alle 19.30 e la zanzara creata da Dio (ne facevamo volentieri a meno,
dell’insetto, ben inteso, non della commedia sperimentale!) cominciava
alle 21.
Dopo
una giornata così rilassante, è davvero un peccato che ad Agnese non
sia venuto in mente, per calarci ancor più compiutamente nella vita e
nelle opere di Paolo, di comminarci agli ebrei i quaranta colpi meno
uno e ai gentili un imprecisato numero di vergate (2 Cor. 11, 24-25).
La lapidazione no, troppo islamica, ora. Il naufragio neppure, la
Cristina non ce l’avrebbe fatta a organizzarlo.
Tutti
o quasi sarebbero accorsi. Perché il masochismo degli iscritti di
Biblia è pari soltanto al sadismo della loro presidente. E prima o
dopo sarà fatto oggetto di studio. Sarà bene parlarne con Boccaccini.
Nel Michigan studiano di tutto. Potrebbero studiare anche noi. E deve
trattarsi di uno studio comparato, sinottico: il masochismo nostro, il
sadismo d’Agnese.
E
così sia!
Giuliano Zoso
P.S. 1) Quando
Agnese mi ha proposto di scrivere queste note, ho tentato di metterla
in guardia. Niente da fare. Un pizzico di masochismo c’è anche nei più
sadici.
P.S. 2) Ringrazio
Piero Stefani. «La pazienza è la più eroica delle virtù giusto perché
non ha nessuna apparenza d’eroico» (Leopardi). Ascoltare intrepido
tutte le relazioni e per giunta gli interventi, compreso quello di un
passante, e mantenere il buon umore, non è eroismo, è miracolo.
Condire il tutto con un pizzico di sereno umorismo e fare le
conclusioni quando la gente, con la valigia in mano, sembra una
scolaresca dopo il suono della campanella, rasenta la santità. Non
sarò io a dire: santo subito! Ci penserà Agnese.
Chi desidera
prenotare il DVD con lo spettacolo “E Dio creò la zanzara”, dovrà
dare il proprio nome e indirizzo a Biblia per telefono, fax, posta,
o e-mail.