CORSO DI EBRAICO BIBLICO

Suore del Cardinal Piazza, Venezia, 28 o 30 dicembre 1999 - 5 gennaio 2000


La città di Venezia, già di per sé, è fonte di grandi emozioni, con le sue fondamenta, i suoi canali, il suo silenzio.
Ma andarci per studiare 1'ebraico biblico è ancora più emozionante. La molla che mi ha spinto a iniziare questa avventura è stata la volontà di colmare una delle tante lacune nel mio sapere, in modo da riuscire - durante i convegni di Biblia o altri incontri di studio - a seguire le citazioni e le osservazioni linguistiche che i relatori fanno nei loro commenti biblici quando si richiamano alla lingua originale delle Scritture ebraiche.
Una volta imbarcatami in quest'avventura, ho scoperto e scopro sempre nuovi motivi per continuare a studiare 1'ebraico a Venezia. Fra questi c'è la gioia di imparare non solo a decifrare ma anche a capire quei segni strani pieni di linee e puntini sopra e sotto; c'è poi la gioia di ascoltare dalle voci dei professori non solo la lettura, la traduzione e le osservazioni grammaticali, ma anche le interpretazioni e i commenti di antichi maestri ebraici, per aprire gli occhi a una cultura così ricca che tanto ha da insegnare a noi occidentali. Tutto questo (e altro ancora che scoprirete da soli) si può riassumere in due parole: simchat torà, la gioia della Torà. Non siamo degli esaltati, siamo persone normali che sono felici di studiare, ma soprattutto di studiare insieme: ci rallegrano anche i momenti di comunione, di condivisione, di convivialità.
Sono riuscita a comunicarvi il mio entusiasmo? Spero di sì, e spero di vedervi numerosi al prossimo corso di ebraico a Venezia. Allora, arrivederci a presto.

Elisabetta Menini



Ed ecco il resoconto del corso, efficacemente reso da Francesco Marin:

IL CORSO DI EBRAICO BIBLICO DI VENEZIA - 31/12/1999-5/1/2000 -

La lettura dei brani del Libro dei Giudici relativi a Debora e Barak, Gedeone, 1'apologo di Iotan, Iefte e Sansone ha veramente funzionato, come anticipava Paolo De Benedetti nell'introduzione al corso, come "contravveleno a una concezione intimistico-spiritualista di Dio". Infatti abbiamo incontrato, dietro la filigrana della prospettiva teologica deuteronomista sulla storia, Elohim disposti a "sporcarsi le mani" con generali-fantoccio (Barak puro esecutore delle strategie di Debora), condottieri insicuri (Gedeone che chiede ripetutamente le prove della manifestazione divina) o dipendenti dai propri appetiti sessuali come Sansone.
Forse quello che ha impressionato di più è stato 1'episodio della figlia di Iefte, sacrificata dal padre per il voto fatto a Dio di offrirgli in sacrificio chi usciva da casa sua al ritorno dalla vittoria sugli Ammoniti. De Benedetti si è soffermato sulle differenze rispetto al sacrificio di Isacco dove è Dio che chiede il sacrificio che non si compie alla fine, mentre nel caso della sfortunata figlia di Iefte il sacrificio si compie e viene proposto dall'uomo, Iefte stesso. Resta la domanda sul silenzio di Dio... Ma il sacrificio di questa anonima fanciulla si stacca dalle brutalità della sua contingenza storica per trasfigurarsi in un mito oltre i confini del tempo in cui 1'usanza delle figlie di Israele di piangere per lei sulle colline, per quattro giorni all'anno, riempie di struggente malinconia il ricordo di una donna vittima innocente quasi simbolo di una "croce'' al femminile.
A questo proposito molto interessanti sono stati i midrashim raccontati da De Benedetti: il voto di Iefte non era valido, ma in quel tempo erano troppo ignoranti per capirlo. Uno solo lo sapeva, un sacerdote che però era troppo orgoglioso per abbassarsi a spiegare 1'errore a Iefte, uno al di fuori della casta sacerdotale, mentre Iefte fu troppo orgoglioso per consultare, lui un capo tribù, un sacerdote. In un altro midrash la figlia di Iefte si rammarica non per la sua triste sorte di vittima ma per la casualità con cui lo è diventata, quasi rivendicazione di una eroica disposizione al martirio per la salvezza del suo popolo.
Altra figura femminile che ha fatto discutere è quella "spietata" di Giaele, protagonista della scena "pulp" dell' uccisione con un picchetto da tenda piantato nelle tempie del generale Sisara nemico di Israele. Secondo un midrash citato da De Benedetti, il generale viene prima sedotto e questo forse conferma I'intuizione del carattere allusivo di certi dettagli del testo sul mantello da lei usato per nascondere il generale in fuga nella sua tenda.
Infine la storia Sansone e Dalila è rivelata, secondo De Benedetti, dai loro nomi che rinviano ad una matrice mitica: il conflitto tra il sole (shamesh) e la notte (laila). Particolare interesse ha suscitato il commento erudito di Amos Luzzatto sul testo mishnico di Bikurim 3, con la rievocazione del complesso apparato di norme che regolava al tempo del secondo Tempio la presentazione dell'offerta delle primizie della terra al Tempio: parte dei prodotti agricoli raccolti nel periodo dalla festa di Shav'ot a quella di Sukkot o addirittura Chanukka, cioè fichi, melograni, olive, datteri, grano. orzo e uva. Nella discussione, anche successiva all'intervento di Luzzatto, sono emersi due problemi: la degenerazione ritualistica delle pratiche religiose nel Tempio e la denuncia profetica di Gesù che riprende un passo di Geremia, il problema degli effetti distruttivi dell'agricoltura industrializzata e la necessità di tecniche agricole più ecologiche, meno aggressive verso la natura per la salvezza del pianeta-terra.
La comunicazione di Piero Stefani sul Giubileo è servita a "distrarci" dai testi biblici dato che è emersa 1'assoluta estraneità dell'evento rispetto a qualsiasi matrice biblica. Nelle bolle papali di indizione di Giubilei riferimenti a testi biblici compaiono dopo sei secoli dal primo Giubileo di Bonifacio VIII, solo nel '900. Paolo VI è il primo papa che cita Luca 4,19, l' "`anno di grazia" annunciato da Gesù nella sinagoga di Nazareth.
Francesco Marin

Luca 4,18 Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, 4,19e predicare un anno di grazia del Signore.
 


Torna alla pagina "ARCHIVIO"
Torna alla pagina Programmi