14 – 27 ottobre 2000
Premetto che, essendo sul pullman n° 2, con la
guida di Chrissa, non ho ascoltato, e non potevo le dotte dichiarazioni
del prof. Gianluigi Prato né le spiegazioni di Angelica. Così
uno deve accontentarsi di quello che ha visto, conosciuto e "goduto" della
Grecia.
14 ottobre, sabato. Dopo un volo normale, atterriamo ad Atene
in un tramonto splendido. Arrivati e sistemati in albergo, ci attende una
dotta conferenza del prof. Prato, che si dilunga sulla geografia tecnica
e la filosofia della geografia dei Greci. Una carta della Grecia, appiccicata
con lo scotch alla parete, sembra respiri e sospiri a ogni alito di vento,
minacciando di cadere. La gente comincia, dopo un’ora, ad abbandonare il
luogo, tra le urla badinesche, che vuole loro consegnare l’opuscolo "In
Grecia con Biblia."
15 ottobre, domenica. Museo Nazionale d’Atene. Non solo le statue
cicladiche e la serie degli ori micenei (che alcuni "soloni" vorrebbero
esser stati fatti apposta dallo Schliemann per ingannare la gente!), ma
anche il "Morettino" a cavallo e il bronzo del "Poseidone" che, al confronto
coi bronzi di Riace, che sono dello stesso tempo, appare un po’ più
"grassottello"! Bello anche il bronzeo ritratto di Augusto, ma un particolare
moto di gioia appare nella statua del bambino con mantello e cappuccio
che stringe a sé un cucciolo di cane! Le steli sono piccoli capolavori
sia nella composizione che nella resa degli animali.
Pomeriggio all’Acropoli. La vista, da lassù è splendida,
Atene adagiata ai piedi, bianca, con brillio dell’Egeo e del Golfo Saronide.
Le colline delle Ninfe e di Filopappo, verdi per i pini e gli olivi. L’Imetto
si crogiola al sole. La solita emozione mi prende scalando i Propilei.
Pensare a chi l’ha fatto prima di me, chi era. E l’Areopago dove S. Paolo
ha tentato di convertire questo che era un popolo di filosofi, di marinai,
di artisti!
Il Partenone è in restauro dal 1986 e non ne vedo la fine, visto
e considerato che i tubi sono tutti arrugginiti. E pensare che la Grecia
ha chiesto e ha ottenuto fior di soldi dall’ Europa per i restauri! L’Eretteo
sembra, con le nuove Cariatidi, più un complesso "nuovo" che antica
teca di gioielli. Le korai del Museo dell’Acropoli , con il loro eterno
sorriso, eteree nei loro panni colorati, che fanno vedere la differenza
della lana dal lino, sono pezzi di scultura che qualunque scultore attuale
vorrebbe aver fatto! I frontoni dell’antico Partenone e, finalmente, le
Cariatidi, ben protette dal logorio del tempo e della vita moderna. Giriamo,
poi, per la Plaka, alla ricerca della Biblioteca di Adriano, che amava
più Atene di Roma e il tempietto dei Venti.
16 ottobre, lunedì. Dopo aver lasciato Atene, c’inoltriamo
per le coste frastagliate, boscose e pietrose, per passare il Canale di
Corinto, dove una striscia oleosa sull’acqua dimostra che una nave è
passata da poco! Giungiamo a Eleusi , che è chiusa. Scorgiamo la
caverna e il tempio. I Misteri eleusini sono rimasti tali, ma un barlume
può sempre apparire: la lotta tra la luce e le tenebre che è
stato sempre un problema umano fin dai primordi! Quel che raccapriccia
in questo posto sono le costruzioni moderne, sorte senza un piano regolatore
e un gusto!
Tra pianure coltivate ad aranceti, tra olivi e boschi di pini, arriviamo
a una collinetta dove sorgeva Corinto. Tra le cose racchiuse nel piccolo
museo, bellissimo il frammento dipinto del "Pigmeo che combatte contro
la gru". Anche qui il combattimento contro gli spiriti maligni, come la
caccia agli struzzi col boomerang del sarcofago di Tut-enk-kamun al Cairo.
Bella anche la testa di Afrodite coi ricci rossi dipinti. La fortezza che
si erge sulla cima del monte, turrita, sembra quasi a vigilare le due parti
di terra, che, dall’una confinano col mare e dall’altra coi monti che s’inoltrano
nel Peloponneso, come una serie di onde burrascose. Arriviamo a Epidauro,
dove, oltre al bosco sacro, le rovine della città, vi è lo
splendido teatro in pietra rosacea e bianca.
Pensavo che, forse S.Paolo, oltre che a Corinto, attratto dalla fama
del teatro si sarà spostato, anche qui. A Corinto, dove le etère
e le sacerdotesse di Venere comandavano, penso proprio che l’Amore Divino
da lui predicato abbia fatto veramente poco, in confronto a quello terreno
offerto così abbondantemente! Arriviamo a Tolo, vicino a Nauplia,
in un tramonto che accende le acque della baia e carezza le sponde di un
isolotto boscoso con una piccola casa che si erge in mezzo alla baia stessa.
17 ottobre, martedì. Nauplia, protetta da tre forti,
di cui uno su di un’isola centrale appare come un antico paese veneto.
Il Leone di S. Marco, le costruzioni sono tali, e le pergole di boughenvilla
l’abbelliscono; sembra quasi di essere a Chioggia o a Grado. E quindi a
Tirinto, dove le mura rossigne a blocchi irregolari e a file che seguono
l’ondulazione del colle, danno un senso di potenza e di forza. Il camminamento
coperto con le feritoie è una prova di come era la guerra a quell’epoca!
I megaron del palazzo del re e della regina danno solo una pallida idea
di quello che poteva essere coi dipinti vivi che l’adornavano un giorno.
Argo ha un teatro che sembra una cascata pietrificata. La cittadina è
in fase di scavo, sormontata dai resti di una chiesa paleocristiana che
poneva le sue fondamenta sulle Terme. Su di una collina glabra, dai fianchi
ricadenti, boscosi, ai piedi di monti rocciosi appare Micene. I massi enormi,
ben squadrati seguono anche qui la linea della collina, circondandola.
Enormi, come la "Porta dei Leoni", che più grifi dal corpo leonino
appaiono essere, per le proporzioni della testa. Il luogo circolare, circondato
da lastre di arenaria (alcune sono al Museo Nazionale di Atene), racchiudeva
le tombe reali. Saliamo per un’erta sdrucciolevole lastricata fino al palazzo
reale. Vi è una splendida vista sottostante, ma a ridiscendere sarà
una faticaccia, specialmente per chi non ha più l’età! La
tomba degli Atridi, dalla splendida cupola che, una volta, era dipinta
di blu e cosparsa di stelle auree. Mi fa tornare alla memoria quella fiorentina
di Ser Filippo, per la maniera di costruire e per lo slancio. Che uomo
intuitivo è stato! Alcuni chilometri più avanti, i resti
dell’Heraion, di cui rimangono praticamente solo i basamenti delle mura
e la pianta dei templi. Immenso appare, dall’alto, quel complesso sacro.
Ci ritroviamo a Delfi, la sera, stanchi.
18 ottobre, mercoledì. Una valle stretta che conduce
al mare, entro gole di monti boscosi. E ulivi dappertutto. Delfi, a grandi
terrazzamenti, fino al culmine del colle, dove, tra pini e cipressi, si
apre un ippodion dal colore scuro delle pietre. Dal rotondo tempietto di
Athena, salendo, piano piano, lungo la Via Sacra dei Tesori dei vari popoli
elladici, lasciata la fonte Castalia, arriviamo ai resti del Tempio di
Apollo, quello del 375 a.C. E’, col teatro scavato nella roccia ,un complesso
enorme, che prende e che prendeva l’animo del visitatore. Si capisce la
domanda insita del gnosis se auton ("conosci te stesso")! Il Museo
con l’Auriga (anche se ultramoderno) è uno scrigno. Non solo l’Auriga,
ma i due Kouroi, la Nike volante, alata. Il toro d’argento e d’oro! E’
un luogo magico, indefinibile.
Il pomeriggio a Aghios Lucas, un convento ortodosso, rifatto con materiale
di scavo, che contiene la cripta originale. I mosaici del secolo scorso
attraggono il nostro don Agosta che, preso lo slancio della spiegazione
simbolica, non smette più di raccontare, paragonare. E’ una boccata
di novità, questo suo dire lungo ed entusiasta! Il posto mi ricorda,
per la vallata sottostante, la Verna, con le aperture sulle valli e sui
monti.
19 ottobre, giovedì. Montagne dalle strane forme, dalle
rocce ancor più strane, con la stratigrafia che va dal gneiss al
macigno: le Meteore. Sono avvolte da fitte nebbie le cime, con pioggia,
e cielo corrusco. Ci siamo arrivati dopo un viaggio attraverso pianure
ubertose e monti boscosi e rocciosi. Ci siamo inerpicati, sotto una pioggerellina
fitta e fredda, lungo una scala di tanti scalini che non ne ricordo il
numero! Era la "Grande Meteora" con il convento della "Trasfigurazione".
Godere degli affreschi tre-quattrocenteschi, dai colori squillanti anche
se il sudicio e la loia li ricoprono! Pensavo a Giotto ed alla Cappella
degli Scrovegni, avendo essi la stessa scansione. Se non che Giotto è
colui che comincia a dare "umanità" ai Santi. Qui, invece rimane
la "spiritualità" che uno deve raggiungere attraverso l’esempio,
che non è più umano. E poi il "Monastero di Santo Stefano",
di monache, dove il museo ha delle icone affascinanti e bellissime. Non
solo ma anche dei rarissimi incunaboli in greco. Intanto piove come Dio
la manda!
20 ottobre, venerdì. Sotto un cielo grigio che minaccia
pioggia, alcune delle Meteore hanno ancora la cima incappucciata. Andiamo
a vedere la vecchia cattedrale di Kalambaka. Qui l’incuria degli affreschi
è tale che se ne vede solo metà, anche se ciò che
appare, è veramente bello. Alcuni italiani maleducati, benché
sia proibito, fanno fotografie. E il Pope comincia a urlare come un pollo
spennato vivo! Praticamente ci butta fuori!
Viaggiamo, lambendo ora il mare ora le montagne
e le pianure coltivate, fino a Pella. I mosaici in pietre e non in tessere,
coi vari miti, sono veramente incredibili nei loro colori bianchi, neri
e gialli. Le statuette votive in terracotta colorata, sono di una tenerezza
e di una bellezza sorprendente, sia per la raffinatezza che per il sentimento
profusi. A Verghina, alle tombe di Filippo II il Macedone. L’affresco di
Alessandro, il figlio che, con la lancia, nella stessa posizione del mosaico
del Museo Nazionale di Napoli, caccia cervi e cinghiali, sul frontone della
tomba, è allegorico. Egli caccia e scaccia gli spiriti maligni dalla
tomba del padre. I tesori di corone in oro, granulati di spille danno l’abilità
manuale degli artigiani che le hanno create, non l’emozione di affreschi,
mosaici o vasi. Arriviamo nella babele di Salonicco, tardi, mentre un battaglione
di soldati sfila in parata.
21 ottobre, sabato. E’ una città convulsa, dal traffico
caotico, Salonicco. Il Museo contiene una idra con figure dionisiache di
una raffinatezza che Messer Benvenuto Cellini ne sarebbe stato invidioso.
I vetri delle colombe di vari colori sono bellissimi. Le steli, la kore
e la dea sorridente sono dei piccoli capolavori di ricerca. Le mura con
le torri che incoronano la cima con veduta sul mare sono belle, ma il traffico
ti lascia poco spazio. Le chiese coi mosaici che si sgretolano, gli affreschi
a pezzi ti danno un senso di melanconia e di abbandono. E la chiesa di
Aghios Georghios ne è un esempio. I mosaici che, entro piccoli riquadri,
racchiudono ora uccelli palustri, ora altri, sono bellissimi. L’arco di
Galeno, coi suoi rilievi che rassomigliano a una pastasciutta, mi lasciano
un po’ indifferente. Anche qui Paolo ha predicato, forse con maggior rendita
che non altre volte! E’ sabato e il professor Prato vorrebbe portarci in
Sinagoga, ma non essendo ancora terminato il culto, non siamo potuti entrare.
22 ottobre, domenica. Ligio al suo dovere e al programma, il
prof. Prato ci spiega come sia la sinagoga di Salonicco, chiusa, da fuori!
E partiamo per Anfipoli, dove un enorme leone di marmo ci accoglie, a sedere!
O non era per i caduti di Cheronea? Mah! Anfipoli, mezza distrutta dal
terremoto, ci mostra quattro basiliche paleocristiane con mosaici un po’
rovinati. Qui riusciamo a leggere e trovare, con don Agosta, la Fenice
sorgente di vita: il Cris
E a Filippi, nota per la battaglia del 42 a.C. di Ottaviano Augusto
contro gli uccisori di Cesare, troviamo una città attraversata dalla
Aegnathia, ancora in fase di scavo, ma ricca e famosa. Il teatro ancora
ben conservato e, per grande spasso di turisti americani, una latrina da
50 posti! E pensare che S. Paolo aveva fondato una bella comunità
cristiana. Ecco la basilica giustiniana di cui rimangono tre capitelli!
23 ottobre, lunedì. Lasciata Kavala in aereo, dopo l’andirivieni
fattoci fare dal Badino per distribuirci i biglietti, arriviamo ad Atene
sorvolando un mare di nuvole. Lasciamo compagni e compagne di viaggio,
un po’ melanconicamente. E c’imbarchiamo sull’"Arcadia". Il mare è
in burrasca. Rolleggiamo abbondantemente. Fa freddo e tira vento. A Mikonos,
al buio, io non scendo.
24 ottobre, martedì. Sbarcati a Kusadasi, in Turchia,
per visitare Efeso. Il tempo un po’ si è rimesso. Ed ecco Efeso
con le sue strade porticate! La Biblioteca rinnalzata, che nel 1957 quando
ci venni la prima volta non esisteva. Pensare a come doveva essere la città
ai tempi di S. Paolo. Fitta di gente, di traffici, di guadagni. Una Milano
greca! E s’è dovuto dar da fare, per convertire gli efesini mercanti,
il povero Paolo
A Patmos, poi, la ventosa! Un vento cane. Eppure
dall’alto sembra una foglia secca con le baie a rientrare per l’approdo.
E vengono sciorinate tutte le leggende riguardanti S. Giovanni. E la conclusione
è che non si tratta di lui, ma di un altro con lo stesso nome, ma
non della stessa età! Il Convento di S. Giovanni, in cima al colle
dagli innumeri scalini, ha dei bellissimi incunaboli e delle legature in
argento da rimaner a bocca aperta.
25 ottobre, mercoledì. A Rodi, in una giornata splendida.
A Lindo a vedere l’acropoli che vanno "restaurando"! Sono posti bellissimi,
ma i restauri non mi piacciono! Troppo rifatti e troppo rileccati! E una
vista, dopo tanti di quei gradini sui due porti da rimanere incantati.
Rodi città, nella parte che gli italiani hanno ricostruito, è
come tanti anni fa, come la visitai. Speravano i francesi, ponendo le armi
dei loro più alti Conti, come Cavalieri di Rodi, di passare alla
storia come gli unici artefici di bellezza!
E sono dovuto andare a cena, con la Paola Macelloni, alla tavola del
Comandante! Ce l’ho fatta, anche se erano presenti due ippopotamici americani
giovani che mangiavano a quattro palmenti, senza dire una parola che non
fosse un grugnito!
26 ottobre, giovedì. Siccome degli scavi di Knossos con
i rifacimenti dell’Evans non me ne importava niente, sono andato al Museo.
Finalmente la pace che mi ha permesso di vedere, con calma, con Laura Novati
e con Gabriella Santero Vecchioni, il tuffatore, il rithon dalla forma
di toro e quello a forma di leonessa, il disco con l’iscrizione ancora
da scoprire. Non solo, ma i vasi, gli ex-voto a forma di casa minoica,
a colori. Finalmente una boccata d’aria! E Santorini ci accoglie con un
tramonto splendido, che illumina e colora le rocce di verde, di viola,
di scuro!
27 ottobre, venerdì. Dopo lunghe peripezie aeree, a casa!