«INVENZIONE» DEL PECCATO? COLPA, PECCATO E TRASGRESSIONE NELLA BIBBIA

 SEMINARIO INVERNALE, 4-7 febbraio 2010, Hotel Londra, Sanremo


presentazione

 

Chi conosce il latino sa che il termine invenzione ha una radice che lo collega all’idea di trovare, rinvenire. In epoca preconciliare i ragazzi  che sognavano, da grandi, di fare gli ingegneri navali e che nel frattempo si allenavano con il meccano o con il piccolo chimico, non capivano perché nella liturgia cattolica ci fosse una festa chiamata «L’invenzione della croce». A loro non sembrava una bella scoperta, paragonabile a quelle degli inventori che tanto bene hanno fatto al progresso dell’umanità. Solo apprendendo il latino, che allora si studiava fin dalla prima media, ci si sarebbe resi conto che si trattava del ritrovamento del legno su cui morì Gesù.

Una storia inventata rimane tuttora una vicenda non accaduta realmente, fatta esistere  perché raccontata e non narrata perché accaduta. Qualcuno di sicuro ritiene che la Bibbia nel suo complesso, o almeno sue larghissime parti, rientrino tutte nella prima alternativa; altri puntano invece sulla seconda. Sta di fatto che, almeno in epoca preconciliare, alcune storie erano presentate ai bambini (ma siccome, di solito, non ci si ritornava più sopra, ciò valeva anche per molti adulti) come se rispondessero a quanto era davvero capitato. Eva e Adamo avevano effettivamente mangiato la mela (parola “inventata”: da malum?) e la colpa dei progenitori si era propagata, di generazione in generazione, a ogni creatura umana: tutti noi nasciamo con il peccato originale che ci consegna alla dannazione eterna se non è lavato con le acque del battesimo. Storia incredibile che faceva dubitare della giustizia di Dio i bambini del catechismo e induceva non pochi di loro a lasciar perdere baracca e burattini una volta giunti a un’età più matura.

Il caposaldo della storia sacra descritto in questi termini (ahimè non lontani dalla effettiva prassi catechistica di un tempo) è sicuramente inventato nel senso non latino del termine. Eppure persino da esso si possono trarre spunti di riflessione. All’inizio di tutto c’è una trasgressione, se Dio non avesse proibito di mangiare il frutto sarebbe stato lecito farlo; dove non c’è legge non c’è peccato avrebbe detto, a suo tempo Paolo ( Rm 7,7). Tuttavia nessuno è davvero  senza peccato anche là dove non c’è norma. Calderon della Barca scrisse un passo (carissimo a Schopenhauer) stando al quale la colpa maggiore dell’uomo è quella di essere nato. Sentenza terribile ma vera se estrapolata da una rigida visione dogmatica per corrispondere al sentimento presente  in ciascuno di noi che l’innocenza sia, da sempre, una dimensione perduta (e per chi ha speranza, ancora da conquistare), mai comunque presente. 

Colpa, peccato, trasgressione, iniquità, ribellione non sono termini equivalenti; ma non sono neppure i soli di un vocabolario (certamente inventato) volto a indicare quanto contraddistingue o il lato mancante del comportamento umano o oscure pulsioni istintuali che alimentano l’aggressività umana Si tratta di costellazioni ampie. Nel solo ebraico biblico troviamo termini come chet, chatta’t; ‘awon, maradra‘, resha‘, ecc. (più uniformato il lessico del NT, dove predomina il termine hamartia). Se il seminario si limitasse anche solo a una chiarificazione linguistica non sarebbe  un contributo di poco conto, anche perché è regola aurea che mettere ordine nelle parole significa compire un’operazione analoga  per la mente e quindi pure per l’animo.

Il logo del nostro incontro è tratto da un capitello della porta dello zodiaco della Sacra di San Michele. In essa è raffigurato Caino in procinto di colpire con un nodoso, enorme randello il proprio inerme fratello. L’oggetto contundente  sfiora il capo della vittima, ma vi è ancora un certo spazio vuoto tra il legno e il cranio: perché il colpo si abbatta occorre una frazione di secondo. Nulla lascia supporre che l’azione si arresti e tuttavia il particolare serve ad accentuare più il motivo della decisione che quello di un esito irreparabile. La caratteristica ben si attaglia alla presenza di un altro soggetto che marca fortemente il capitello. Alla sinistra di chi guarda, subito dietro Caino, vi è un diavolo. Rispetto a  questa figura, l’occhio  è attratto da  una prorompente, lunghissima lingua afferrata dalle due mani.

Il diavolo linguacciuto è, in genere, inteso come simbolo della menzogna. Per capire l’iconografia il riferimento più qualificante è riferirsi a due  passi giovannei. Il diavolo «era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché il lui non c’è verità. Quando dice il falso dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna» (Gv 8,44): «Poiché  questo è il messaggio che avete udito fin dal principio: che ci amiamo gli uni gli altri. Non come Caino che era dal Maligno e così uccise suo fratello» (1Gv 3,12). A volte le citazioni parlano proprio quando vengono estrapolate e  accostate.  Menzogna e omicidio sono per tal via intrecciate in modo saldissimo. Qui si comprende che la menzogna, antitesi della verità, non è riconducibile al fingere (area in cui cade anche l’ironia), al recitare, al dire bugie: è un inganno che tocca nelle viscere la condizioni umana.

  La verità non è un fatto, è una relazione. È  la fedeltà buona che si costituisce quando ci si apre reciprocamente l’un l’altro. Nella teologia cristiana, essa si fonda nel Dio che è uno e trino perché  agape. Nei rapporti interumani ciò avviene quando i legami si costruiscono e si rinsaldano reggendo alle insidie del tempo  e  alle tensioni reciproche. L’omicidio è un abisso di menzogna perché nega la verità più intima della condizione umana: la reciprocità. L’assassinio, che avvenne in principio, è l’antitesi primordiale della «regola d’oro» che fa dell’uguaglianza tra sé e l’altro il fondamento primo di ogni comportamento veritiero.

Il diavolo linguacciuto è il simbolo di quanto in noi si contrappone alla verità dell’incontro. La sfacciata esteriorità di quella lingua a penzoloni allude, in realtà, a qualcosa di insito nel cuore umano che conosce l’avversione ed è chiamato a trattenerla fino all’ultimo istante, quando il randello è lì, lì per abbattersi. Nel linguaggio della Genesi rivolto proprio a Caino: «il peccato (chatta’t)  è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo tracimare (teshuqà) , ma tu dominalo» (Gen 4,7).

                                                                                                                                      Piero Stefani


 programma

mercoledì 3 febbraio

Arrivo del primo gruppo, entro l’ora di cena. Sistemazione in albergo, cena e pernottamento.

 

giovedì 4 febbraio

Gita con autobus e guida per l’intera giornata a Nizza (Chagall) e a Vence (Matisse), con pranzo libero nella “Promenade” di Nizza. Rientro all’hotel per la cena e il pernottamento.

Arrivo del secondo gruppo all’hotel per sistemazione nelle camere, cena e pernottamento.

 

venerdì 5 febbraio

ore 09,00     Terminologia della trasgressione dalla Genesi a Qumran, Ida Zatelli, Università di Firenze.

 

                    Colpa personale e peccato collettivo:

                    1.«Il peccato è accovacciato alla tua porta» (Gen 4,7), Piero Capelli  Università Ca’ Foscari,  Venezia.

ore 15,30     2.«I figli di Israele fecero ciò che è male agli occhi del Signore» (Gdc 6,1), Amos Luzzatto,  già Presidente UCEI

                   3.«Il figlio non sconterà l’iniquità del padre» (Ez 18,20), Rosanna Virgili,  Istituto Teologico  Marchigiano.

 

                   «Meglio non essere nati»: confronto tra Giobbe, Qohelet e il pensiero greco,  Umberto Curi, Università di Padova.

 

sabato 6 febbraio

ore 09,00     «Figlio, ti sono perdonati i tuoi peccati» (Mc 2,5), Paolo Sacchi, Emerito Università di Torino.

                   Universalità del peccato in Paolo, Eric Noffke,  Facoltà Valdese di Teologia, Roma.

                   Il peccato nella tradizione giovannea, Santi Grasso, Pontificia Università della Santa Croce,  Roma

ore 14,30     Visita guidata a piedi a Sanremo in tre gruppi.

ore 17,00     Confessione e perdono  dei peccati nell’ebraismo e nei cristianesimi     

                     (tavola rotonda fra i relatori presenti).

 

domenica 7 febbraio

ore 09,00    Il senso della colpa tra Bibbia e psicoanalisi,

                   Marco Garzonio, psicoanalista e psicoterapeuta, Milano.

                  Il peccato non è reato,

                   Gustavo Zagrebelsky, Presidente emerito della Corte Costituzionale.              

 

Moderatore: Piero Stefani, Comitato scientifico di Biblia.

 


NOTIZIE UTILI

Quest’inverno ci accoglierà, per la prima volta, la città di Sanremo nel suo centrale Hotel Londra (****, corso Matuzia 2, 18038 Sanremo; tel. 0184/65511), dove si svolgeranno le conferenze e dove alloggeremo. Questa città ligure, generalmente nota per il Festival della Canzone e per il Casinò (che, in quanto “Biblia” ci interessano meno), è soprattutto degna di una visita per le sue belle dimore storiche, la cattedrale di San Siro, palazzi e chiese, il mare e i fiori.

Iscrizione e prezzi. La pensione completa per persona al giorno (prezzo specialissimo per il nostro gruppo) è di € 70 in camera doppia e di € 90 in camera singola. La partecipazione al seminario costa € 150 per i non soci di Biblia e € 120 per i soci e per i giovani sotto ai 30 anni, e comprende tutto il programma previsto, comprese la visita guidata a Sanremo e la cartella del convegno con materiale didattico e turistico. È prevista anche una serata a sorpresa offerta dal Comune di Sanremo. Per l’iscrizione occorre inviare l’apposita scheda, debitamente compilata in ogni sua parte, entro il 30 novembre, insieme al costo della prima notte (restituibile in caso di rinuncia entro il 15 gennaio) e a € 20 di anticipo sulla partecipazione, non restituibili in caso di rinuncia.

Gita extra convegno. Non siamo troppo distanti dal famoso Museo di Chagall di Nizza e dalla Cappella di Matisse a Vence, con le loro opere d’arte di ispirazione biblica e questo ci permette di proporre ai partecipanti una bellissima visita supplementare, un giorno prima del convegno. Partiremo la mattina di giovedì 4 febbraio con un autobus, andremo a visitare Nizza con una guida; dopo le visite staremo per qualche ora sulla “Promenade” di Nizza per il pranzo che ognuno consumerà dove crede meglio (ci sono sul posto molti bar e ristoranti) e infine proseguiremo per Vence. Questa gita costa € 50 a persona (oltre alla mezza pensione di mercoledì all’Hotel Londra, al prezzo della pensione giornaliera meno €12). Chi vuole parteciparvi dovrà prenotarla sulla scheda di iscrizione.

Come arrivare. Per chi arriva in auto non ci sono problemi: l’albergo dispone di un ampio parcheggio all’aperto, riservato ai suoi clienti, gratuito.

Per chi arriva in treno, scendere alla stazione di Sanremo e da lì prendere un taxi (circa 3 km) oppure l’autobus “Foce” o “Villa Elios”, con fermata in corso Matuzia, a 100 m dall’Hotel.

Per gli insegnanti. Ricordiamo che tutte le nostre attività, compresa questa, sono qualificate come corsi di aggiornamento per il personale della scuola (DMPI del 5.07.2006). Chi fosse interessato a ricevere l’attestato di frequenza dovrà riempire gli appositi spazi sulla scheda di iscrizione.


RELAZIONE

Full immersion per tre giorni nel puro spirito di Biblia e per due anche nel primaverile clima del ponente ligure. Grandi domande per interrogare, nelle inquietudini del nostro presente, i testi sacri della tradizione ebraica e cristiana e della cultura greca. Grandi domande a cui non rispondono neppure  tre intensi giorni di studio: il peccato eticamente denotato ha sempre segnato la coscienza dell’uomo religioso? E il senso di colpa innato nell’uomo greco senza ipotesi di redenzione motiva l’idea che sarebbe meglio non essere mai nati? Ma in che cosa consiste il peccato collettivo che scatena l’ira di Dio contro il suo popolo? È redimibile attraverso il pentimento e l’espiazione e come si connette con la responsabilità dell’in-dividuo? Per ottenere il perdono occorre rivolgersi al Signore o è necessario un mediatore umano? E la confessione è un’imposizione canonica o una necessità interiore dell’uomo? Il racconto del peccato originale è rappresentazione  mitica dell’umanità che prende coscienza della propria autonomia e soffre la responsabilità che ne consegue? E nell’oggi politico le chiese sono consapevoli che, entrando nel dibattito con intransigenti non possumus, operano alla disgregazione della democrazia che dicono di sostenere?

Puro spirito di Biblia, si diceva: giorni in cui si accostano dotte raffinate analisi lessicali e appassionati interventi esistenziali, anche da parte di chi prende la parola dalla platea; si accostano non credenti e credenti delle diverse fedi e confessioni; dove i non credenti ritrovano la ricchezza dell’esperienza religiosa, articolata nel tempo, sofferta, motivante, anche se non condivisibile e i credenti sono coinvolti in approfondimenti che superano ogni rigidità catechistica, purificano la fede da sedimenti e incrostazioni che la degradano a superstizione, a prodotto storico, a stampella del potere.  Lasciamo, come sempre, il convegno con più domande che risposte; ma, credo, conoscendoci un po’ meglio, con l’invito a riflettere, a confrontare, a ripensare in una luce nuova, accesa da nuove intuizioni interpretative  testi noti che ci si eravamo illusi di conoscere, e magari anche con qualche nuova conoscenza fra le persone sedute a fianco, in sala o a tavola, persone forse fino a ieri supposte lontane e che scopri vicine nella ricerca, nelle difficoltà, nella passione per la vita.

Attraversiamo ora, nello spazio che qui è concesso, i singoli interventi, in attesa degli atti che consentiranno approfondimenti con interessanti sorprese storiche e filologiche, ma le risposte ai grandi interrogativi che sono stati posti non saranno neppure lì: le può dare soltanto, e provvisorie, ciascuno nella mai conclusa dinamica della personale ricerca. Negli atti ci auguriamo anche di rileggere gli interventi di Piero Stefani, coordinatore di tutte le giornate, capace con parole misurate di qualche necessaria puntualizzazione oltre che di creare, per quanto possibile, il tessuto connettivo fra le relazioni,  varie nei contenuti come nei metodi di ricerca, e di mantenere il dibattito nell’alveo del convegno.  

Ida Zatelli con perizia lessicale discute dei diversi significati del termine peccato nella scrittura –infrazione, trasgressione, devianza, errore, mancanza, sbaglio, fallimento, iniquità, crimine- che variano nel tempo e individua la letteratura qumranica come primo ambito in cui il termine assume una valenza etica.  Zatelli ha continuato ad arricchire le successive giornate del convegno con interventi di rilievo sulle diverse relazioni, arrivando ad affermare che nella Bibbia ebraica non esiste senso di colpa. Piero Capelli si è interrogato se la Genesi intenda il peccato come demone esterno all’uomo o dimensione interiore della coscienza: ne dipende il rapporto tra il Creatore e il genere umano. Amos Luzzatto ha considerato gli aspetti del peccato nel Primo Testamento sia nell’aspetto collettivo, sia personale e anche le possibilità di riammissione attraverso il pentimento e il cambiamento di costume e ha invitato con calore alla rilettura del cantico di Debora, alta poesia e significativa espressione della presenza femminile nella Bibbia. Anche Luzzatto, medico studioso di cultura ebraica, come ama definirsi, è stato presente all’intero convegno con diversi interventi, in cui è tornato più volte sulla necessità di emancipazione dal codice interpretativo binario per cui il bene è sempre bene e il male è sempre male: la realtà è molto più ambigua. 

Paolo Sacchi in un primo intervento, supplente di un’assenza, illustra Ezechiele 18,20, il primo testo che afferma la responsabilità individuale nel peccato, diffondendosi sulla figura dell’«autore» del libro che definisce «una mente capace di contemplare il cosmo nella sua interezza».  Nella relazione a lui originalmente attribuita ha poi discusso il senso dell’espressione di Gesù «ti sono rimessi i peccati» (Mc 2, 5), e ha illustrato la differenza fra il battesimo di Giovanni e quello di Cristo e messo a fuoco la complessa e non univoca idea di sacro. Fornisce quindi importanti indicazioni sulla collocazione storica dei testi qumranici e di diverse opere della letteratura cristiana dei primi secoli canonica e di area.

Nell’universo della filosofia e della mitologia greca ci accompagna Umberto Curi:  la grande tradizione tragica è la rappresentazione del senso di colpa per colpe non commesse o commesse senza consapevolezza per le quali quindi non è possibile chiedere e ottenere remissione, né è immaginabile un intervento redentivo della divinità. L’uomo, unica creatura che non può vivere da solo i primi giorni della sua esistenza, elabora pensiero e usa la tecnica, dono degli dèi, ma non è in grado di garantirsi la vita: questa considerazione induce a credere che fosse meglio non essere nati. Esempio principe resta Edipo, protagonista ignaro di mali enormi ai quali neppure  l’autolesionismo irrimediabile e disperato potrà portare sollievo.

Eric Noffke, pastore valdese, presenta il senso del peccato nell’epistolario paolino, da intendersi come inevitabile trasgressione della legge da parte dell’umanità tutta, inevitabile perché condizione dell’uomo e superabile soltanto con la grazia gratuita della redenzione attraverso la croce di Cristo. Anche dopo la redenzione, l’uomo continua a dover scegliere e, come ammonisce Paolo, anche conoscendo il bene, non è detto che riesca a compierlo: tuttavia, se il fondamento della vita è Cristo, l’uomo sperimenterà la liberazione dalla negatività che avvolge l’universo. Santi Grasso, prete cattolico,  analizza l’idea di  peccato nella tradizione giovannea con originali interpretazioni anche lessicali del testo evangelico. Il Logos con cui si apre il quarto evangelo è letto come comunicazione, Cristo è, dal principio, comunicazione del Padre, comunicazione all’umanità della sua pienezza di vita e, in questa prospettiva, nella sua presenza terrena rompe con grande libertà lo schema  peccato - condanna, come dimostra nei due episodi emblematici del cieco nato e dell’adultera mandata libera.

Marco Garzonio, analista junghiano, dopo una introduzione sul significato del mito come condensato di esperienze finite nell’inconscio collettivo, legge nel racconto biblico del peccato originale l’espressione dell’umanità che, costruendo immagini, prende le distanze dalle proprie emozioni nel momento in cui ne deriva disagio psichico. Il richiamo di Dio alla responsabilità della scelta, di cui si chiede conto, segna la fase di raggiungimento della maturità dell’uomo e quindi dell’autonomia, senza più protezioni e sicurezze. La chiave di lettura dell’episodio sta quindi nel riconoscersi nudi di Eva e Adamo (Gen 3, 10),  non per pudore, ma perché privi di mezzi, inadeguati e impreparati alla  nuova  responsabilità:  da qui  la percezione di tutto questo come castigo. Genesi quindi presenta in linguaggio mitico la coscienza della raggiunta libertà psicologica con la conseguente paura. 

A conclusione, Gustavo Zagrebelsky, giurista, mette in rilievo come la citatissima espressione «Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio» (Mt 22, 21 e altri) sia  in realtà «una scatola vuota», utilizzata  da Bonifacio VIII per sostenere la sua ierocrazia come dai moderni teorizzatori della separazione stato - chiesa. Focalizza quindi l’attenzione su alcuni caratteri della democrazia, che non dà sicurezza, ma chiede rispetto e viene  messa a rischio anche ai nostri giorni dalle pretese dell’integralismo religioso: occorre condividere la necessità  della tutela delle libertà  individuali ogni volta che non è possibile un accordo. Neppure una maggioranza può imporre come «verità» degli a priori ideologici: in democrazia tutto deve essere discusso con argomenti comprensibili per tutti e soltanto un positivo relativismo garantisce libertà di coscienza anche ai credenti. La democrazia  è un tessuto delicatissimo, perché la libertà comporta giustizia e responsabilità da parte di tutti, senza ignorare che le società fondate sulla libertà non sono purtroppo in grado di garantire la propria sopravvivenza.  

Ancora nello spirito di Biblia,  accanto allo studio, alla ricerca storica e testuale, al dibattito sulle idee e alle testimonianze, anche riflessioni sul raccontare per immagini di Woody Allen nel suo Crimini e misfatti presentato dal critico Giulio Martini; musica con l’orchestra da camera del fiabesco principato di Seborga e un percorso per le vie di Sanremo, che non è solo casa da gioco e festival della canzone, ma anche città di mare e di fiori, con memorie storiche  e artistiche, fino alla metà del Novecento  villeggiatura prediletta dall’aristocrazia europea e città di popolo,  ambiente, ora realistico ora mitizzato, di tante pagine di Italo Calvino, suggestivamente rilette nei luoghi evocati  fra il porto e le anguste salite della città vecchia.

Ugo Basso