IL DIAVOLO E L'OCCIDENTE

Convegno organizzato da BIBLIA - Associazione laica di cultura biblica, in collaborazione con le ACLI della Provincia di Bologna. Patrocinio e sostegno della Regione Emilia Romagna, della Provincia e del Comune di Bologna. Partecipazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna. Inserito nel progetto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali: "V Settimana della Cultura - La Cultura è uno spazio aperto".
Oratorio dei Filippini, Via Manzoni 5
Bologna, 9-11 Maggio 2003


Ida Zilio-Grandi

11 Maggio 2003

Il diavolo nella tradizione islamica

A) IL DIAVOLO NEL CORANO

Per parlare del diavolo nella tradizione islamica occorre insistere innanzitutto sulla figura diabolica nel Corano, fonte e fondamento dell’immaginario islamico su qualsiasi questione, Libro di cui non si esagererà mai il ruolo portante nel contesto di questa tradizione religiosa.

Come vedremo, in questa figura ricompaiono elementi già noti alle elaborazioni dei monoteismi precedenti, canoniche o apocrife, si tratta a volte quasi di una ripetizione. Dal punto di vista ebraico o cristiano, queste ed altre riedizioni di elementi tratti dalle Scritture ebraica e cristiana possono apparire tentativi maldestri di copiatura; si deve però tener presente che, dal punto di vista islamico, queste riedizioni sono invece sentite come una ripresa, da parte dello stesso Dio, di parole già dette ad altri popoli in altri tempi, parole che vengono ripetute in un senso nuovo e più vero, non solo parole successive nel tempo ma anche più corrette rispetto alle precedenti. Infatti, dal punto di vista islamico, le parole contenute e tramandate dal Corano derivano direttamente da Dio, non sono mediate da autori ispirati. Anche nel caso delle vicende di Satana, si tratta dunque di una storia già narrata da Dio, ma narrata più correttamente.

La figura diabolica fa una sua prima significativa comparsa nel Corano (prima in senso logico e non cronologico) con il nome di Ibls (termine derivato probabilmente da diàbolos), in due racconti paralleli, l’uno contenuto nella settima sura del Corano, o sura del Limbo, cioè il settimo capitolo della Vulgata coranica; e l’altro nella sura di al-ðiÞr, la quindicesima. E’ la scena primordiale. Il Signore ha creato l’uomo a partire da argilla o da fango. Seguendo la Sua volontà, enunciata in precedenza agli angeli, ha creato qualcuno che sia, che sarà sulla terra, Suo vicario, Suo luogotenente, in terminologia arabo-islamica Suo califfo (khalìfa). Chiede quindi agli angeli di prosternarsi di fronte a questa creatura, tutti ubbidiscono e, unico tra tutti, l’angelo Ibls rifiuta. Si recita appunto nella sura del Limbo che «si prostrarono tutti eccetto Ibls, che fra i prostrati non fu».[1] La motivazione del rifiuto di Ibls è subito resa nota nella stessa sura: «disse Iddio: ‘Che cosa ti ha impedito di prostrarti, quando Io te l’ho ordinato?’ Rispose: ‘Io sono migliore di lui, Tu hai creato me di fuoco e lui di fango’».[2] La motivazione di Ibls viene ribadita nella sura di al-ðiÞr: «Gli chiese Iddio: ‘Ibls, che cosa hai tu che non ti prostri con gli adoranti in adorazione?’ Rispose: ‘Non sarà mai che io adori un uomo, che Tu hai creato da argilla secca, presa da fango nero impastato’».[3]

Si noterà subito che la disubbidienza dell’angelo è effetto di un ragionamento, Ibls ha messo a punto un sillogismo categorico: l’angelo disubbidisce dato che il fuoco è migliore del fango, dato che egli è stato creato da fuoco e l’uomo da fango, e dunque egli è migliore dell’uomo. «Io sono migliore di lui», dichiara infatti l’angelo, motivando la sua disubbidienza.[4]

Il percorso seguito da Ibls nella sua disubbidienza ci illumina alcuni aspetti fondamentali della figura diabolica secondo il Corano, sui quali vorrei insistere.

1) Il primo aspetto è, naturalmente, la capacità di ragionamento; l’angelo mette a frutto una data conoscenza di cui è dotato, nella fattispecie una conoscenza circa la propria origine, cioè il fuoco, e circa l’origine dell’uomo, cioè il fango, e, ovviamente, circa la sostanza e il valore agli occhi di Dio di fuoco e di fango. Ibls mette a confronto, equipara le due cose, mette a punto un’analogia, e ne trae una nuova conoscenza, che è la superiorità dell’uno sull’altro. In tal modo, grazie alla sua conoscenza e alla sua capacità analogica, Ibls formula un giudizio sull’ordine di Dio, ordine che discute e che, pertanto, non esegue.

2) Una domanda importante a questo punto è la seguente: Ibls è il solo a conoscere, è il solo a conoscere se stesso e le altre creature, il solo capace di trarre da queste conoscenze delle conoscenze nuove per analogia? Oppure la sua conoscenza circa la sostanza e il valore delle cose create è condivisa dai suoi simili, condivisa dalle altre creature angeliche, anch’esse capaci di formulare giudizi sull’operato di Dio? La risposta corretta è quest’ultima, la conoscenza di Ibls è una conoscenza condivisa. Basta pensare a un episodio riportato nella seconda sura, la sura della Vacca, dove Dio comunica agli angeli la volontà di creare l’uomo e gli angeli sanno già, conoscono già, che l’uomo porterà la corruzione sulla terra e spargerà il sangue e che essi invece sono pii, votati all’ubbidienza e alla santità; quindi chiedono a Dio ragione del Suo progetto. All’annuncio del progetto divino di creazione dell’uomo, gli angeli rispondono: «Vuoi mettere sulla terra chi vi porterà la corruzione e spargerà il sangue, mentre noi cantiamo le Tue lodi ed esaltiamo la Tua santità?».[5] E Dio risponde: Io so ciò che voi non sapete!

In definitiva, ciò che distingue Ibls dai suoi simili non è la conoscenza delle cose, che è conoscenza legittima, conoscenza buona, rivelata da Dio e dunque un Suo dono; e a ben vedere non è neppure il ragionamento attraverso il quale, utilizzando quella conoscenza, produce conoscenze nuove. Ciò che distingue Ibls è precisamente il fatto di non sottomettere il proprio giudizio alla Volontà del Signore. Sia Ibls sia il gruppo degli angeli ragionano attorno al progetto divino sul mondo, sia l’uno sia gli altri discutono razionalmente la divina volontà, però la figura diabolica è appunto diabolica in quanto non sottomette la propria ragione alla divina volontà, non accetta in modo pacificato il progetto divino sul mondo perché antepone alla volontà del Creatore la propria ragione creaturale. In questo senso, Ibls incarna la situazione anti-islamica per eccellenza, letteralmente contraddice l’Islam, cioè contraddice la sottomissione pacificata alla Volontà di Dio. In definitiva, il Corano non chiede di non ragionare sulle cose, ma appunto di non opporsi all’operato di Dio, e di conformarsi comunque, di accettare comunque, senza opporsi ai motivi e agli esiti della Sua Volontà, nonostante la facoltà intellettiva di cui la creatura è dotata. In altre parole: la ragione è lecita e buona, però si deve arrestare a un dato punto, e questo punto è la Volontà del Creatore, è l’ordine che Dio impartisce.

3) Il terzo aspetto notevole nel brano dedicato alla genesi della figura diabolica è l’attenzione a sé, dunque la capacità di autoriflessione, capacità di autoriflessione che condurrà Ibls all’autoconsapevolezza. Il male incarnato da Ibls nasce dunque non solo dall’uso autonomo della ragione come motivo di disubbidienza, ma anche dal fatto che Ibls ha rivolto la propria facoltà razionale verso se stesso. L’angelo ha guardato a se stesso e a un’altra creatura, anziché guardare al comandamento divino. Ed è proprio nell’attenzione a se stessi, a se stessi e non a Dio, che va individuato un aspetto eminentemente anticoranico e, di conseguenza, eminentemente anti-islamico. Per illustrare meglio questo punto cruciale, a costo di lasciare per un attimo la figura di Ibls, vorrei parlare della formulazione islamica della cosiddetta regola d’oro, l’invito ad amare gli altri come se stessi: ama il fratello come te stesso, l’alto comandamento etico che pone appunto a misura della relazione con l’altro la medesima relazione che ciascuno intrattiene con se stesso, un caposaldo dell’insegnamento evangelico.[6] Vorrei ricordare che l’intera predicazione coranica è, al contrario, radicalmente in linea con il comandamento espresso nel Deuteronomio: “Ama il Signore, tuo Dio, con tutto il tuo cuore, con tutto te stesso, con tutte le tue forze.” [7] E’ un dato di fatto che la letteratura religiosa islamica storpia la formulazione cristiana della regola d’oro e sostituisce “ama tuo fratello come te stesso” con “ama per tuo fratello ciò che ami per te stesso”. Dunque la dottrina musulmana non chiama l’uomo a dirigere il proprio amore direttamente verso l’altra creatura e tantomeno presuppone un amore verso se stessi; l’oggetto dell’amore sta oltre l’uomo che ama e oltre l’uomo per cui si ama, si tratta di estendere il numero di coloro che beneficiano e traggono vantaggio dall’amore e non di estendere il destinatario dell’amore. Il destinatario dell’amore è e resta Uno e Unico, è Dio, o eventualmente, per estensione, l’Islam come religione e il Profeta di questa religione, Muhammad.[8]

4) Veniamo a un quarto elemento significativo della figura diabolica nel Corano: nel momento in cui riflette su se stesso, nel momento in cui guarda a se stesso invece di guardare a Dio e alla Sua volontà, Ibls pecca di superbia. E’ detto chiaramente nella sura Ÿ…d, la trentottesima, che l’angelo «si riempì di superbia (istakbara) e rifiutò».[9] Superbia che nell’arabo coranico, e generalmente classico, equivale precisamente a un ingrandimento, a un aumento delle proprie dimensioni. “Facendosi grande”, Ibls diviene grande, e sembra addirittura insinuare il dubbio in Dio; si recita infatti, nella stessa sura Ÿ…d, che Dio «gli disse: ‘O Ibls! Che cosa ti ha impedito di prostrarti a quel che Io ho creato con la Mia mano? Ti sei sollevato in superbia o sei davvero così alto?’».[10] A questo punto è evidente che la conoscenza dell’angelo, conoscenza che, elaborata dalla ragione, lo ha condotto all’autoconsapevolezza, lo ha anche sollevato a dimensioni abnormi, dimensioni che lo hanno avvicinato pericolosamente alle dimensioni della figura divina. Nel dialogo coranico della preeternità Ibls parla con Dio da pari a pari, sta di fronte a Lui, non è sottomesso, e proprio nel senso che non parla dal basso, non si trova in una posizione inferiore. In questi racconti, come in altri del resto, il Corano presenta Ibls come una figura fortemente vicina alla figura di Dio stesso. È un elemento che subito vedremo meglio.

5) Il pensiero che ha generato la superbia dell’angelo lo ha posto fuori dalla comunità: «si prostrarono gli angeli, tutti quanti insieme eccetto Ibls».[11] Quest’angelo è un isolato, è un’eccezione, ha introdotto nel creato l’individualità della creatura, individualità che spetta solo a Dio, l’Uno e l’Unico, poiché la condizione creaturale è eminentemente molteplice e plurale.[12] Dunque Ibls, che abusa della conoscenza ricevuta, che ragiona sulla volontà di Dio e vi si oppone scientemente, Ibls che in tal modo è divenuto grande, è per di più uno solo che sta di fronte a Uno solo, è uno solo che parla con Uno solo. La figura di Ibls nel Corano si propone dunque come una figura che sta attentando all’unicità di Dio. Ibls rappresenta il peccato dell’autolatria (peccato che del resto condivide con il faraone nei racconti coranici su Mosè), ma prima ancora rappresenta il peccato di chi nega l’unità e l’unicità di Dio, in breve rappresenta il peccato di chi nega il monoteismo. Ecco perché la punizione inflitta da Dio all’angelo non sarà soltanto l’allontanamento dal Giardino paradisiaco, non sarà soltanto il cambiamento del suo nome, da Ibls a Shaytan, ma sarà anche il rimpicciolimento, Dio ridurrà drasticamente le abnormi dimensioni di Ibls: «Esci da qui, che tu sei reietto», «e disse Iddio: ‘Fuori di qui, esci da qui spregiato e reietto’», «vattene di qui. Non ti è lecito, qui, fare il superbo (ovvero ingrandirti). Fuori. Tu sei ormai un essere spregevole (ovvero, letteralmente, sei tra i piccoli».[13]

6) Per avviare alla conclusione questa traccia indicativa a proposito della figura del diavolo nel Corano, c’è ancora un elemento notevole che riguarda l’azione tentatrice nei confronti dell’uomo.

Innanzitutto il tempo della tentazione. Nella sura del Limbo è contenuto un nuovo dialogo tra Dio e l’angelo, l’angelo oramai punito non solo con l’allontanamento ma anche con il rimpicciolimento. «Disse Ibls: ‘Lasciami attendere fino al giorno in cui gli uomini saranno risuscitati’. Rispose il Signore: ‘Ebbene, ti sia concesso d’attendere fino a quel giorno’». Lo stesso dialogo compare, con lievi modifiche, nella sura di al-Higr: «‘Concedimi, Gli chiese, d’attendere fino al giorno in cui saranno risuscitati i morti’. Rispose: ‘E sia, ti sia concesso d’attendere fino al dì del Termine Chiaro’».[14]

Il tempo della tentazione, che dura fino al giorno del giudizio, è la storia del mondo. L’angelo sa che in questo tempo può dispiegare la sua forza: «costui sarebbe quello che hai onorato sopra di me? Dammi tempo fino al dì della Resurrezione e io annienterò tutta la sua progenie, salvo pochi», si legge nella diciassettesima sura, la sura del Viaggio Notturno.[15]

Dio concederà a Ibls l’uso e l’abuso della storia del mondo, e inoltre, cosa più interessante, accoglierà la proposta di Ibls come una proposta corretta. Secondo la sura Ÿ…d, «disse Ibls: ‘Per la Tua potenza! Io tutti li sedurrò salvo quelli di loro che sono i Tuoi servi puri.’ Disse Iddio: ‘Questa è giusta sentenza, e giusta sentenza io pronuncio, riempirò l’Inferno di te e di quelli tra loro che ti seguiranno, tutti insieme’.[16] La sura di al-ðiÞr insiste: «disse ancora Ibls: ‘Signore [...] io farò bella ai loro occhi ogni turpitudine sulla terra, e ingannerò loro tutti eccetto i Tuoi servi puri’. Rispose: ‘Questa è una Via per me retta. In verità sui Miei servi tu non avrai potere alcuno eccetto su quei traviati che ti seguiranno’».[17]

Dio accoglie le parole di Ibls ritenendole «giusta sentenza», equiparandola alla parola di verità che Egli stesso pronuncia: «e giusta sentenza io pronuncio». Dio afferma inoltre di ritenere la via dell’inganno minacciata dall’angelo una via diritta (si ricordi: ‘Questa è una Via per me retta’), espressione che il Corano impiega abitualmente in riferimento alla Via percorsa dal buon credente, il servo che segue la via della legge rivelata.[18] Questo comporta un forte avvicinamento della tentazione che l’angelo si è riproposto alla verità e alla legge, o addirittura identifica il traviamento diabolico con la giustizia, l’azione tentatrice con la via diritta. Questo non deve stupire: quel che suggerisce il Libro dell’Islam in questi passi è appunto che la minaccia di Ibls e il male che è in procinto di compiere rispondono al disegno di Dio, rispondono all’autorità di Dio in questo male; dunque, in quanto conformi al disegno divino, sono corretti. Nella sura del Limbo l’angelo esplicitamente attribuisce a Dio la responsabilità della propria trasgressione e anche la responsabilità del futuro traviamento degli uomini: «poiché Tu mi hai fatto errare - dice Ibls a Dio - io mi apposterò sulla Tua via diritta»;[19] dunque Ibls ingannerà l’uomo perché a sua volta è stato vittima dell’inganno di Dio. Le parole di Satana non sono semplicemente parole di vendetta. La sua posizione è una posizione mediana, una posizione di transizione, di passaggio: l’origine del traviamento, di Ibls stesso e, di conseguenza, anche degli uomini, resta Dio stesso. Lo ribadisce appunto la sura di al-ðiÞr, la quindicesima: «disse ancora Ibls: ‘Signore, poiché Tu mi hai fatto errare [...], io farò errare loro tutti eccetto i Tuoi servi puri».[20] Ibls compirà contro gli uomini quel che il Signore ha compiuto contro di lui; Dio lo riconosce - «questa è giusta sentenza» - e, non solo non si oppone, ma anche esorta all’azione: «Conturba con la tua voce quelli fra loro che potrai, e piomba loro addosso con i tuoi cavalieri e i tuoi fanti, e assòciati a loro nei beni e nei figli, e fa’ loro promesse! Ma non promette Satana che inganno», come si legge nella sura Tâ-hâ.[21]

[7) Minor interesse merita a mio avviso la modalità della tentazione operata da Satana sui progenitori. Non solo perché ripercorre vie già note alla Scrittura ebraica, ma anche perché consegue - in senso logico - al permesso accordato a Satana da Dio: «poiché Tu mi hai fatto errare, io mi apposterò sulla Tua via diritta e apparirò loro davanti, e dietro, e a destra, e a sinistra» aveva detto Ibls a Dio, e Dio aveva accolto il suo progetto, in altri termini lo aveva dichiarato parte del Suo Proprio progetto.[22] ]

Prima di passare alle principali soluzioni proposte dalla letteratura religiosa successiva, vorrei insistere su una cosa, che quanto detto fin qui rende piuttosto prevedibile: quando si afferma che il Corano, nella visione islamica, è in toto Parola di Dio, non si deve dimenticare cosa questo significa: significa precisamente che tutte le parole contenute nel Corano sono da considerarsi parole di Dio, anche le parole pronunciate da altri. E’ sempre Dio che ha parlato, anche quando parlava Ibls il futuro Satana. E si tratta sempre di azioni di Dio, anche quando si afferma che altri agiscono. Sono molti i commentatori coranici che insistono su questo punto.

B. IL DIAVOLO NELLA LETTERATURA SUCCESSIVA

Venendo ora alla grande letteratura successiva, in particolare e per ovvi motivi alla letteratura esegetica, va detto che essa non fa che riprendere e sviluppare i temi coranici già esaminati.

1) Innanzitutto lo svilimento della figura di Ibls. Ibls è presentato volta a volta come borioso, patetico o grottesco. Si rileva in particolare lo svilimento della conoscenza di Ibls, e conseguentemente lo svilimento del suo ragionamento. Tra i molti teologi che insistono su questo punto vorrei citare ¦abar(m. 310/923), autore di un monumentale commentario dal titolo La raccolta delle dichiarazioni. Questo autore insiste sull’ignoranza di Ibls; infatti l’angelo comparò il fuoco al fango e trovò giustamente superiore il fuoco, ma utilizzò un numero insufficiente di dati: non mise in conto che l’uomo era stato creato dalla mano di Dio e riempito di Spirito e che possedeva la buona disposizione del Signore nei suoi confronti; il percorso logico di Ibls fu dunque scorretto e privo di rigore, perché la superiorità di Adamo si fondava su elementi diversi dalla materia della sua costituzione.[23]

E ancora vorrei citare Qur¥ub (m. 671/1272), il Cordovano autore di un celebre commentario dal titolo La raccolta delle sentenze, che insiste ancora sull’ignoranza dell’angelo e inoltre sull’ingannevolezza del ragionamento creaturale: secondo questo autore Ibls sbagliò perché confidò troppo nel suo giudizio e non considerò che il fango, contro ogni apparenza, è in realtà superiore al fuoco: infatti il fango è peso e immobilità, calma e lentezza, temperanza, pazienza e vita, mentre il fuoco è leggerezza, mobilità, violenza, incostanza, agitazione; e se il fango non procura dolore o pena invece il fuoco è doloroso, è la pena che Dio infligge ai Suoi nemici, perciò nell’inferno c’è fuoco e non fango; inoltre il fango non necessita del fuoco mentre il fuoco necessita di un luogo dove prodursi e questo luogo è la terra del suolo.[24]

2) Naturalmente nella letteratura esegetica lo svilimento di Ibls procede di pari passo con l’annullamento della sua individualità, di quella sua unicità che lo avvicinava all’Uno e Unico: sulla base di molti racconti, la gran parte presi a prestito da altre tradizioni religiose, i commentatori, quasi senza eccezione, ricordano ad esempio che Ibls non fu l’unico angelo a disubbidire a Dio (anche Hrt e Mrt lo fecero).

3) Un altro punto su cui ritorna molto l’esegesi è l’incorporazione dell’ operato di Ibls all’operato divino, a ribadire un’idea di creazione in senso forte: Dio crea tutto e agisce in tutto, tutto accade esclusivamente in base alla Sua volontà liberissima e incondizionata. Gli stessi mu‘taziliti, i cosiddetti razionalisti dell’Islam che danno tanto peso all’intelletto della creatura, alla ragione di cui è dotato ogni uomo, ragione che non contraddice i dati della rivelazione, non arriveranno mai a negare l’autorità di Dio sul male di Ibls. Cito soltanto una posizione mediana, quella del grande Fa²r al-Dn al-Rz(m. 606/1209), che nelle sue Chiavi dell’Arcano riassume così le grandi questioni precedenti: “dal momento che la rovina di Ibls derivò dall’analogia, Dio non è causa immediata di errore ma sua origine, causa prima: per ogni cosa che si muove deve esserci qualcosa che la fa muovere e per ogni cosa che è in quiete deve esserci qualcosa che la tiene in quiete; dunque se qualcuno erra deve esserci qualcuno che lo fa errare”. Secondo Rz, nel caso di Ibls le possibilità sono tre: chi lo portò all’errore fu lui stesso, fu un’altra creatura, fu Dio. La prima possibilità è falsa, perché la creatura dotata di intelletto non sceglie l’errore sapendo che è errore; anche la seconda è falsa, perché comporta il circolo vizioso giacché spiega la disubbidienza presupponendola. Di conseguenza quella vera è l’ultima, e chi fece errare Ibls fu Dio.[25]

Allo stesso modo, naturalmente, l’esegesi insiste sulla funzione strumentale e di servizio di Ibls, caduto e ormai divenuto Satana, quanto si tratta della tentazione dell’uomo. Satana è un servo tra i molti servi di Dio, e viene descritto precisamente come un utensile nelle mani dell’Onnipotente. Ancora ¦abar dichiara che la cacciata dei progenitori dal Giardino va sì attribuita a Satana, perché Satana ne fornì il motivo in quanto intermediario; ma Satana è privo di capacità causativa autonoma, è una causa intermedia, una tra le infinite cause seconde; chi li cacciò resta pur sempre Dio.[26] Anche il mistico Qaš…n (m. 731/1330) insiste sull’unica Volontà che sta a monte del peccato dei progenitori: “certo fu Dio che lo volle, perché, se Dio non avesse voluto, Ibls non avrebbe potuto ingannarli”.[27] L’andaluso Qur¥ub si sofferma in particolare sulla debolezza di Satana, il quale non sa allontanare qualcuno dal luogo in cui risiede ma può solo sospingerlo e indirizzarlo; pertanto quel che compì sull’uomo non fu uno spostamento violento e rapido ma un’induzione allo scivolamento.[28]

L’istanza monoteista è molto decisa nella letteratura di commento alla genesi coranica. Perciò non meraviglia che alcuni racconti sorvolino del tutto sulla figura del Tentatore intermediario e insistano direttamente sul rapporto tra Dio e uomo. Cito uno scambio di battute appunto tra Adamo e Dio, rammentato ancora da ¦abar: “disse Adamo: ‘Signore, la mia colpa fu scritta da Te a mio carico prima di crearmi oppure io stesso la inaugurai da me’? Rispose Iddio: ‘Fu scritta da Me a tuo carico prima di crearti’. Disse Adamo: ‘Se Tu l’hai scritta a mio carico prima di crearmi, allora perdonami.’ E Dio lo perdonò [...].”[29] Infatti, secondo il Corano, Adamo fu perdonato, e la tradizione, per le parole che Dio gli donò, ne fece il primo profeta nella storia dell’umanità.

3) Vorrei concludere ricordando una lettura particolarissima della figura satanica, lettura assai diffusa in ambiente mistico. Nonostante essa appaia del tutto eterodossa rispetto alle soluzioni più consuete all’esegesi, tuttavia merita di essere menzionata per la posizione radicale che esprime, posizione spregiudicata e provocatoria ma di grande fascino intellettuale. E’ la posizione che rinviene in Ibls non la figura di colui che nega l’Unicità di Dio o dell’autolatra, di chi fa un dio di se stesso, ma la figura del monoteista perfetto.

Questo tipo di interpretazione parte dall’idea già vista di Satana come servo di Dio, di Satana che attua necessariamente il disegno divino come ogni altra creatura, di Satana che parla le parole di Dio e agisce le azioni di Dio. Spingendo però questa idea alle più stringenti conseguenze, Ibls diviene il servo migliore, perché rifiutando di prosternarsi ad Adamo dichiara che nessun altro oltre a Dio è degno di ricevere una prosternazione, ovvero un atto di adorazione; e lo dichiara a costo della propria eterna sventura. Ibls diviene così una figura tragica di eccezionale grandezza: per non cadere nel peccato di idolatria, per non tradire la professione di monoteismo, si trova costretto a disubbidire a un ordine divino e a meritare la divina maledizione. Posto di fronte all’alternativa - farsi idolatra associando altri a Dio oppure disubbidire - Ibls sceglie il male per così dire minore, anche se questo gli comporterà la caduta e la disgrazia. Questa interpretazione, molto diffisa, venne resa celebre attraverso l’opera in persiano di Rm (m. 1273),[30] e anche, ben prima di Rumi, attraverso l’opera in arabo di al-ðall…Þ, il martire mistico dell’Islam, come lo chiama il suo grande biografo Louis Massignon, quell’ðall…Þ giustiziato a Baghdad nel 922 perché aveva spinto all’estremo l’affermazione monoteistica fino a teorizzare l’Unicità dell’Esistenza (non vi è altro dio se non Dio significa: solo Dio esiste).

ðall…Þ dedicò alla disubbidienza di Ibls un opuscolo dal titolo T sn al-azal, o T sn dell’eternità,[31] dove esemplifica attraverso Satana la figura del perfetto monoteista e di più, la figura del perfetto amante di Dio. Disubbidire all’ordine contingente di Dio significa, nella splendida ipotesi di ðall…Þ, ubbidire pienamente a una primordiale vocazione d’amore per Dio, amore che esprime appieno l’Unicità di Dio in quanto unifica tutto, Creatore e creatura, Inventore e cosa inventata, Maestro e discepolo, un tutto-amore che nullifica ogni cosa eccetto Dio stesso. Secondo ðall…Þ (che passò alla storia come il-pazzo-di-Dio), questa vocazione al monoteismo d’amore, questa follia d’amore, altro non è che il monoteismo vero, il monoteismo al più alto grado; cosicché, come appunto ricorda ðall…Þ, “non vi fu, tra gli abitanti del cielo, chi fosse monoteista come Satana”. Concludo allora questa esposizione citando alcune parti significative della piccola opera di ðall…Þ, in particolare la riscrittura che l’autore propone del dialogo coranico tra Ibls e Dio:

“Gli disse Iddio: ‘Prosternati davanti ad Adamo!’ Rispose: ‘Mai mi prosternerò ad altri che a Te!’ Gli disse Iddio: ‘Anche se Io scaglierò su di te la Mia maledizione?’ Rispose: ‘La tua maledizione non mi nuocerà! VolerTi dichiarare Santo è la mia follia, volerTi roteare attorno è la mia illusione [...] Solo per proclamarti Santo nego il Tuo ordine, e la mia mente vuol continuare ad essere folle di te. E chi è Adamo? Senza di Te, nulla! E chi sono io, Satana, per differenziarlo da Te? [...] Per me non potrà esserci allontanamento da Te perché ora so che allontanamento e avvicinamento sono una cosa sola. E se Tu mi abbandoni, il Tuo abbandono mi sarà vicino e mi terrà compagnia, e poi, come può esservi abbandono se amarsi è ritrovarsi?”.



[1] Cor. 7:11. La traduzione italiana adottata qui e in seguito è di A. Bausani, Il Corano, Firenze 1975, a volte con trascurabili variazioni.

[2] Cor. 7:12, cfr. 38:76.

[3] Cor. 15:32-33.

[4] Cfr. Nuovamente Cor. 7:12.

[5] Cor. 2:30.

[6] Si rammenti infatti quale rilievo assume tale comandamento nelle narrazioni di Matteo, di Marco e di Luca: oltre le differenze redazionali e la pluralità dei toni, i tre scrittori dei vangeli sinottici inseriscono la regola aurea addirittura in un contesto assoluto, perché invariabilmente mirano alla determinazione del comandamento sommo, quello da cui dipende tutta la Legge, tutta la sapienza dei profeti, quello che vale più di ogni sacrificio;Cfr. rispettivamente Mt 22, 34-40; Mc 12,28-34; Lc 10,25-28; cfr. Gv 13,34. Rm 13, 8 e Gal 5,14.

[7] Sul tema: ‘qual è il comandamento più importante’ nella scrittura ebraica, cfr. innanzitutto Dt 6, 4-5.

[8] Cfr. il mio Ama per il fratello quel che ami per te stesso: la regola aurea dell’amore secondo l’Islâm, in Multiculturalismo 4, Frammenti, confluenze e prospettive mediterranee (a cura di R. Bivona e G. Igonetti), coll. Lo specchio del Mediterraneo, Arte Tipografica Editrice, Napoli 2003.

[9] Cor. 38:74.

[10] Cor. 38:75 (cfr. Cor. 2:34 e 7:13).

[11] Cor. 15:30-31, cfr. 2:34; 7:11; 17:61; 18:50; 20:116; 38:73.

[12] Cfr. «eccetto Ibls» in Cor. 15:31. Si confronti a titolo di esempio fortemente rappresentativo la professione di fede islamica: “Non c’è Dio eccetto Dio”.

[13] Cor. 15:34-75. Cfr. 7:13 e 18, e 38:77.

[14] Rispettivamente Cor. 7:14-15 e 15:36-38. Cfr. 17:62 e 38:79-81.

[15] Cor. 17:62, cfr. 38:83.

[16] Cor. 38:82-85.

[17] Cor. 15:39-42.

[18] Oltre al caso notissimo della prima sura (Cor. 1:6, «guidaci per la retta via»), gli esempi sono molto numerosi.

[19] Cor. 7:16.

[20] Cor. 15:39.

[21] Cor. 17:64.

[22] Cor. 7:16-17.

[23] T, VIII, 97.

[24] Q, VII, 110.

[25] Ibidem.

[26] T, I, 186.

[27] Ta, I, 31 a commento di Cor. 2:38.

[28] Q, I, 214, cfr. T, cfr. I, 186.

[29] T, I, 194. Dio rivolse parole ad Adamo secondo Cor. 2:37.

[30] Cfr. C. Saccone, I percorsi dell’Islam, Dall’esilio di Ismaele alla rivolta dei nostri giorni, Ed. Messaggero, Padova nuova ed. 2003 (1999), pp.346-347.

[31] L. Massignon, La Passion de Halldj, 2a ed. Paris 1990 (1a ed. 1975), III, 323-326 (note) e 326-333 (trad.).


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