Nell'immaginario ebraico-cristiano, la deportazione degli ebrei in terra
di Babilonia è stata percepita come un evento tragico, negativo,
distruttore non solo di uno stato e di un tempio ma anche di un popolo.
Un popolo che faticosamente e a costo di tante sofferenze era riuscito
a conservare la propria fede nel Signore, le proprie tradizioni, la propria
cultura pur essendo stato condotto forzatamente in un paese straniero.
Ma dalle relazioni ascoltate a Sirmione durante questo seminario invernale,
le nostre certezze ne sono uscite piuttosto scosse e 1'esilio di Babilonia,
la golà come 1'ha chiamata con termine ebraico il prof. Amos
Luzzatto nella sua lezione, c'e apparsa tutt'altro che un episodio tanto
drammatico e negativo, ma piuttosto un periodo di approfondimento della
propria identità e di arricchimento della propria cultura avvenuti
nel confronto quotidiano con un popolo diverso si, ma con radici comuni
e dal quale gli ebrei esiliati avrebbero assorbito alcuni riti, leggi,
regole di vita.
Una terra, quella fra i due fiumi, non straniera e nemica perché
proprio dalla Mesopotamia il Signore aveva chiamato Abramo facendolo uscire
da un luogo sicuro e fecondo per dirigerlo verso un paese sconosciuto.
E Abramo aveva creduto nella promessa di quel Dio che annullava 1'affollato
Pantheon degli Assiri-Babilonesi per riappropriarsi di tutte le loro caratteristiche
e funzioni; e a quel Dio che si era manifestato come il Dio dei Padri,
Abramo aveva affidato la propria vita e quella dei suoi cari e si era allontanato
da una terra in cui i templi e le leggi davano sicurezza di riti e di culto,
per andare verso 1'ignoto.
Ma con quella terra egli aveva mantenuto un legame affettivo profondo
se, in seguito, manderà il servo Eliezer a trovare una moglie per
il figlio Isacco e più tardi anche la nuora Rebecca vi farà
fuggire il figlio Giacobbe per allontanarlo dall'ira del fratello Esaù.
E a Giacobbe il Signore promette la sua presenza dovunque egli si recherà.
Tanti sono quindi i legami che uniscono gli ebrei agli abitanti della
Mesopotamia ed è proprio durante 1'esilio nel VI secolo a.e.v. che
essi apprendono la cosmogonia dei babilonesi (come è confermato
da un midrash su un litigio fra le due prime lettere dell'alfabeto:
alef
e bet), 1'alfabeto, il nome degli angeli, ed effettuano il cambiamento
del calendario. D' altra parte gli esuli in quel periodo si impegnano di
più nell'osservanza del sabato, nel rito della circoncisione, nella
regolamentazione alimentare, per rafforzare la loro appartenenza al popolo
ebraico. Dal libro di Daniele apprendiamo anche che la recita delle preghiere
tre volte al giorno, che i pii ebrei compiono ancora oggi rivolti a Gerusalemme
e la nascita delle confraternite di aiuto ai bisognosi, nascono proprio
in quel periodo e in quella situazione.
Babilonia quindi, come simbolo di cattiveria e di male, non è
piu da ricercarsi in un luogo geografico, ma diventa piuttosto la cifra
di tutti i regni della terra che opprimono e perseguitano i deboli e che
prima o poi sono destinati a cadere (D.Garrone).
Durante 1'esilio di Babilonia prende avvio anche la riflessione teologica
che darà origine al giudaismo e la convinzione che gli ebrei si
troveranno sempre in una situazione d'instabilità tra diaspora e
stanzialità e che il pericolo mortale per loro, ma penso anche per
noi, è di ritenersi arrivati una volta per tutte (P.De Benedetti).
Allora se un insegnamento possiamo trarre da quella esperienza, avvenuta
piu di 2.500 anni fa, per applicarlo alla nostra realtà attuale
così variegata e confusa, possiamo auspicare, con Enzo Pace, che
ogni popolo che si incontra in qualsiasi luogo possa scoprire le proprie
radici culturali e religiose reinterpretandole, reinventandole per affermare
la propria identità etnica, politica e religiosa, per una convivenza
che non annulli e umilii le differenze, ma piuttosto le componga e le faccia
convivere pacificamente e creativamente per la costruzione di una società
migliore nella quale quel Dio che gli ebrei hanno fatto conoscere alle
genti possa essere adorato e amato da tutti nella vera pace.
Maria Carolina Pellizzari
ALLA RISCOPERTA DELLE RADICI MESOPOTAMICHE DELLA BIBBIA