"Mi baci con i baci di sua
bocca": amore e sessualità nella Bibbia
Convegno nazionale, Mantova,
30 marzo – 1 aprile 2001
- Attenzione, è ora disponibile un aggiornamento
al programma delle relazioni, con qualche piccola variazione -
venerdì 30 marzo
primo pomeriggio Visita città con quattro
itinerari diversi (gita in barca, Palazzo Ducale, S.Andrea, Palazzo Tè).
ore 18 – 22,30 Assemblea
dei Soci di Biblia e votazione per il rinnovo delle cariche
sociali, prima e dopo la cena. La convocazione per l’Assemblea, sarà
inviata a parte a tutti i soci.
sabato 31 marzo
9-13 Saluto delle autorità.
Il rapporto tra i sessi nelle culture del Vicino Oriente Antico,
Pelio Fronzaroli, Università di Firenze.
La visione biblica del maschio e della femmina,
Paolo De Benedetti, Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale,
Milano.
15-19 Peccare contro l’amore: allora / oggi,
Enrico Chiavacci, teologo morale, Firenze.
- vedi
il testo della relazione
Il tempo dell’attesa e dell’incontro come dimensione
positiva, Pina Scanu, Facoltà Teologica "Angelicum", Roma.
Teshuqà, violenza, e trasgressione,
Daniele Garrone, Facoltà Valdese, Roma.
20,30 Cena sociale con canti dei troubadours.
domenica 1 aprile
9-13 La regolamentazione della sessualità
nella tradizione biblica e rabbinica, Roberto Della Rocca,
Rabbino Capo di Venezia.
La sessualità dal Nuovo Testamento alla
tradizione cristiana, Lorenzo Perrone, Università di Pisa.
"Contro Aristotele e Maimonide".
La rivalutazione della sessualità nella mistica ebraica, comunicazione
di Mauro Perani, Università di Bologna, sede di Ravenna.
Moderatore: Piero Capelli.
RELAZIONE SUL CONVEGNO
Un Esodo per l’amore
L’amore come paradigma della relazione dell’uomo come i suoi simili
e il Dio creatore al centro dell’ultimo convegno nazionale di Biblia
L’ultimo congresso nazionale di Biblia, «Mi baci coi baci di sua
bocca»: amore e sessualità nella Bibbia (Mantova, 31 Marzo-1
Aprile), si è svolto sotto la persuasione, condivisa da molti esegeti
contemporanei, che il Cantico, il massimo canto d’amore della Scrittura,
sia il paradigma di un rapporto che permette di comprendere il senso stesso
della creazione e della caduta dell’uomo.
Presupposto fondamentale di questa lettura è che la dimensione
della sessualità (termine coniato solamente nell’800) non venga
per forza inquadrata nello schema sacro in cui è del resto legittimo
inserirla, soprattutto ricordando i frequenti canti d’amore mesopotamici
che suggellano le «nozze sacre» tra i monarchi (Pelio
Fronzaroli). Se dopo la svolta del Concilio Vaticano II è necessario,
come sostiene don Enrico Chiavacci,
rileggere la morale sessuale secondo il precetto dell’amore e quindi riportare
il rapporto intimo alla categoria del dono e dell’offerta di sé,
questo significa che una lettura allegorica o simbolica della relazione
amorosa, espressa per esempio nel Cantico, può impedire di accedere
ad una dimensione di senso più profonda. Secondo Paolo De
Benedetti, un testo come il Cantico ha atteso 2500 anni prima di essersi
aperto autenticamente al lettore: l’interpretazione delle nozze come relazione
mistica tra Dio ed Israele (o tra Dio e la Chiesa) occulta la cesura fondamentale
presente tra i primi due capitoli della Genesi.
Quell’ideale monacale, che solo un’esegesi tardiva ha permesso di motivare
secondo i versetti biblici (Lorenzo Perrone), non è infatti
la concezione edenica e primordiale dell’uomo per cui «non
è bene che sia da solo. Gli farò un aiuto a suo dirimpetto
(e‘ese lo ‘ezer chenegdo)» (Gen 2,18). Come ha efficacemente
ricordato Rav Della Rocca, l’esegesi rabbinica ha colto la duplicità
implicita nell’espressione, dovuta alla varietà di significato della
particella
ebraica neged: nel caso in cui l’uomo istituisca una relazione
positiva e paritaria con la donna, allora essa è per lui «come
una compagna», ma se viene trattata ingiustamente o con violenza,
allontanando dalla coppia coniugale la presenza divina, allora essa è
«come contro di lui».
Mauro Perani ha completato questa visione positiva della sessualità
nell’orizzonte ebraico illustrando il contenuto di una Lettera della
santità, un testo cabbalistico che attribuisce alla cura della
relazione intima la stessa dignità del servizio a Dio. Lidia
Maggi ha mostrato con particolare cura come la straordinaria intimità
nell’Eden tra Adamo ed Eva (che è letteralmente per Adamo «ossa
delle mie ossa») diventi dopo la caduta una fastidiosa relazione
con
«la donna che mi hai messo davanti a me» (Gen 3,12).
È appunto tra questi due versetti, tra queste due espressioni
di un sentimento di intimità spinta sino all’osso e di un disamore
profondo che vive solo di estraneità, che si gioca l’avventura umana.
Maggi ritiene che il Cantico annunci una necessità improcrastinabile
di un secondo «esodo»: dopo l’uscita dalla condizione di schiavitù
in Egitto reclamata per amore di giustizia, il Cantico sembra reclamare
un «esodo per la sete di felicità», di cui il piacere
dell’intimità è il primo paradigma. Questo esodo per la felicità
dovrebbe riprodurre l’uscita da Sodoma. L’esegesi contemporanea, ricorda
Daniele
Garrone, stenta a riconoscere quella come una città di omosessuali;
si tratta piuttosto di un luogo dove l’autentica colpa degna di essere
seppellita col fuoco non è il coito
tra appartenenti allo stesso sesso, ma l’esercizio della sessualità
come violenza e sottomissione. Il senso nascosto del Cantico che
viene dunque scoperchiato dopo 2500 anni di attesa sotto la coltre
dell’interpretazione liturgica è quel diritto alla felicità
strettamente vincolata alla gioia del corpo che noi stessi siamo e che
non possediamo affatto come se si trattasse di un oggetto.
Federico Dal Bo
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